Marco Aurelio

Cesare Marco Aurelio Antonino Augusto (Roma, 26 aprile 121 – Sirmio, 17 marzo 180) è stato un imperatore e filosofo romano. Fu adottato nel 138 dallo zio Antonino Pio che lo nominò erede al trono imperiale. Fu imperatore - assieme al fratello Lucio Vero - dal 161 sino alla morte, avvenuta per malattia nel 180, a Sirmio (secondo Tertulliano, suo contemporaneo), o presso Vindobona.

Considerato dalla storiografia tradizionale come un sovrano capace e assennato - il quinto dei cosiddetti "buoni imperatori" menzionati da Edward Gibbon - il suo regno fu tuttavia funestato da conflitti bellici (guerre partiche e guerre marcomanniche), carestie e pestilenze.

Marco Aurelio è ricordato anche come un importante filosofo stoico, autore dei Colloqui con se stesso.

Nato come Marco Annio Vero, prese il nome di Marco Aurelio Valerio a diciassette anni, il 25 febbraio 138, quando venne adottato dallo zio Antonino Pio assieme al fratello e designato di lì a poco come successore al trono. La duplice adozione avveniva contestualmente a quella di Antonino Pio da parte dell'imperatore Adriano che aveva richiesto questo atto come condizione per farlo erede al trono. Quando, nel 139, fu designato erede al soglio imperiale, assunse il nome di Aurelio Cesare figlio del Pio Augusto.

Marco Aurelio sposò nel 145 la cugina Faustina Minore, figlia dell'imperatore dell'epoca, Antonino Pio, e di Faustina Maggiore, da cui ebbe diversi figli tra cui il futuro imperatore, Commodo e Lucilla, futura moglie di Lucio Vero.

Fin dal suo avvento, Marco Aurelio ottenne dal Senato che suo fratello Lucio Vero gli fosse associato su un piano di parità, con gli stessi titoli, ad eccezione del pontificato massimo che non si poteva dividere. La formula era innovativa: per la prima volta alla testa dell'impero vi era una collegialità. In teoria, i due fratelli avevano gli stessi poteri. In realtà, Marco Aurelio conservò sempre una preminenza che Vero non contestò.

Le ragioni di questa collegialità non sono chiare. La successione congiunta potrebbe essere stata motivata da esigenze militari come accadeva in età arcaica nella diarchia spartana.

Occorreva infatti una figura rappresentativa e carismatica al comando delle truppe. Neanche l'Imperatore in persona avrebbe potuto difendere entrambi i fronti allo stesso tempo, e nemmeno avrebbe potuto semplicemente incaricare un generale di condurre un assalto. Già in passato comandanti militari molto popolari come Giulio Cesare e Vespasiano avevano usato l'esercito per sovrapporsi ai governi esistenti ed installarsi al potere.

In Asia, l'Impero Parto che aveva ripreso vita, rinnovava i suoi attacchi. Marco Aurelio risolse il problema mandando Lucio Vero a comandare le legioni orientali. Egli aveva infatti abbastanza autorità da riscuotere la piena lealtà delle truppe, ma non era abbastanza potente da essere tentato di sopraffare Marco stesso. Il piano ebbe successo, Vero rimase leale fino alla sua morte sul campo nel 169.

Questa autorità compartita era molto simile al sistema politico della passata Repubblica che si basava sul principio della collegialità e non permetteva ad una singola persona di impadronirsi del potere supremo. Il governo congiunto sarebbe stato ripristinato dalla struttura del potere inaugurata da Diocleziano: la Tetrarchia nel tardo terzo secolo.

La guerra che scoppiò nella seconda parte del II secolo contro l'Impero romano da parte di una coalizione di natura militare, composta da una decina di popolazioni germaniche e sarmatiche (dai Marcomanni della Moravia, ai Quadi della Slovacchia, alle popolazioni vandaliche dell'area carpatica, agli Iazigi della piana del Tisza, fino ai Buri di stirpe suebica del Banato), era la naturale conseguenza di una serie di forti agitazioni interne e di continui movimenti migratori che avevano ormai modificato gli equilibri con il vicino Impero romano. Questi popoli alla ricerca di nuovi territori dove insediarsi, per il crescente aumento demografico della popolazione nell'antica Germania, erano, inoltre, attratti dalle ricchezze e dalla vita agiata del mondo romano.

Nel 166/167, avvenne il primo scontro lungo le frontiere della Pannonia ad opera di poche bande di predoni longobardi e osii, che, grazie al pronto intervento delle truppe di confine, furono prontamente respinte. La pace stipulata con le limitrofe popolazioni germaniche a nord del Danubio furono gestite direttamente dagli stessi imperatori, Marco ed il fratello Lucio Vero, ormai diffidenti nei confronti dei barbari aggressori e recatisi per questi motivi fino nella lontana Carnuntum (nel 168). La morte prematura del fratello, Lucio (nel 169 poco distante da Aquileia), ed il venir meno ai patti da parte dei barbari, portò una massa mai vista prima d'ora, a riversarsi in modo devastante nell'Italia settentrionale fin sotto le mura di Aquileia, il cuore della Venetia, e provocando un'enorme impressione: era dai tempi di Mario che una popolazione barbara non assediava dei centri del nord Italia.

Marco combattè una lunga ed estenuante guerra contro le popolazioni barbariche, prima respingendole e "ripulendo" i territori della Gallia cisalpina, Norico e Rezia (170-171), poi contrattaccando con una massiccia offensiva in territorio germanico, che impiegò diversi anni di scontri, fino al 175. Questi accadimenti costrinsero lo stesso imperatore a risiedere per numerosi anni lungo il fronte pannonico, senza mai far ritorno a Roma. L'apparente tregua sottoscritta con queste popolazioni, in particolare Marcomanni, Quadi e Iazigi durò però solo un paio d'anni. Alla fine del 178 Marco fu costretto a fare ritorno nel castra di Brigetio da dove, fu condotta l'ultima campagna nella primavera successiva del 179. Si racconta infatti che:

«I Quadi essendo poco disposti a sopportare la presenza di forti romani costruiti nel loro territorio [...] tentarono di migrare tutti insieme verso le terre dei Semnoni. Ma Marco Aurelio Antonino che ebbe queste informazioni in anticipo della loro intenzione di partire per altri territori, decise di chiudere loro tutte le via di fuga, impedendone la loro partenza.» (Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXII, 20.2.)

La successiva morte dell'imperatore romano nel 180 pose fine ai piani espansionistici romani. Egli infatti, ricoverato a Vindobona (Vienna) vi morì il 17 marzo 180. Per Tertulliano, uno storico contemporaneo, sarebbe invece deceduto sul fronte sarmatico, non molto distante da Sirmio.

Egli riuscì ad assicurare la successione al figlio Commodo, anche se la scelta non fu felice. Commodo, infatti, si rivelò un cattivo politico, ma non un cattivo militare come molti autori latini sostenevano, oltre che un sovrano esageratamente dedito ai propri interessi.


 

Indice frasi

 

Tratto da: Marco Aurelio. Wikipedia, L'enciclopedia libera.