Samuel Beckett

 

Samuel Barclay Beckett (Dublino, 13 aprile 1906 - Parigi, 22 dicembre 1989) fu un drammaturgo, scrittore e poeta irlandese . Autore di numerose opere teatrali tra cui Aspettando Godot e Finale di partita. Premio Nobel per la letteratura nel 1969. Accostarsi alla sua produzione significa attraversare le macerie del ventesimo secolo con l'unica scialuppa di salvataggio rimasta, l'ironia.

Irlandese, la sua famiglia era di estrazione borghese e di religione protestante. Beckett, al contrario, non fu mai credente. Fu educato in un collegio per poi frequentare brillantemente il Trinity College di Dublino dove si laureò in francese ed italiano. Trasferitosi a Parigi, fu nominato lettore d'inglese a l'École Normale Supérieure entrando strettamente in contatto con l'altro scrittore irlandese James Joyce. Frequentò gli ambienti surrealisti pubblicando dei romanzi (due versioni: una in inglese e l'altra in francese) ottenendo scarsi esiti. Ma il successo arrivò nel 1952, quando appunto finì di scrivere Aspettando Godot (scritta prima in francese e poi tradotta in inglese) che venne rappresentata per la prima volta il 5 gennaio 1953 a Parigi, al Théâtre de Babylone. Entrò così in quel gruppo di autori, che includeva già il franco-rumeno Eugène Ionesco ed il franco-armeno Arthur Adamov, che scrivevano brani appartenenti al teatro dell'assurdo. Vanno citate altre opere come Fin de partie (Finale di partita) e Oh les beaux jours (Giorni felici). Nel 1969 ricevette il Premio Nobel per la letteratura, ma egli non si presentò per ritirarlo.

Se la fama di Beckett si deve ad Aspettando Godot, è l'opera narrativa dello scrittore, soprattutto la cosiddetta trilogia di romanzi scritti tra il 1951 e il 1953 Molloy, Malone muore e L'Innominabile, a rappresentare uno dei vertici della letteratura della seconda metà del XX secolo. Con i volumi della trilogia, Beckett, nel solco di Joyce, compie un'operazione di riconfigurazione del romanzo moderno, ma anche di progressiva distruzione, sancendone con "L'Innominabile" la dissoluzione formale.

Pur essendo stato profondamente influenzato da Joyce nella sua prima produzione letteraria, è proprio negli anni '50 che Beckett, in una sorta di ripudio-uccisione dell'ingombrante "padre" artistico, e in modo specifico con i romanzi (o anti-romanzi) della trilogia, si definisce in termini antitetici all'autore dell' Ulisse.

Se la strada percorsa da Joyce e da altri grandi autori modernisti come Marcel Proust e Robert Musil prevedeva un progetto di letteratura totalizzante, in grado di raccontare il reale per accumulo, abbracciandone i molteplici livelli di significato, la strada di Beckett si pone antiteticamente, nel solco di una radicale impotenza a trarre un qualsiasi senso compiuto dalla realtà. Per Beckett le parole sono obbligate al paradosso suppliziante di volere comunicare che non c'è niente da comunicare. Raccontare, narrare, è unicamente possibile attraverso una serie di finzioni, affabulazioni, che i protagonisti della trilogia (progressivamente sempre più tesi alla disgregazione della propria identità personale), si raccontano (e raccontano) al lettore, nello sforzo disperato e vano di dare consistenza a se stessi e al mondo.

Il periodo successivo alla stesura dei romanzi che compongono la trilogia, fu per Beckett un periodo di difficoltà oggettiva a riprendere nuovamente a narrare in prosa. Egli stesso ebbe a dire che continuare a scrivere era come lavorare su "un mucchio di cenere". I folgoranti Testi per nulla, 1954, costituiscono un esempio di questa empasse creativa, rimandando per filiazione diretta all' "Innominabile", e a quell'entropia a cui esso sembrava avere condotto la possibilità stessa della scrittura. Ma le celebri parole delle chiusa del libro, "Non posso continuare, devo continuare", oltre a rappresentare sul piano esistenziale la volontà stoica di andare avanti comunque, nonostante l'implacabile verdetto sulla condizione umana, sono anche un enunciato programmatico delle opere a venire. Opere brevi e dense, contrassegnate da uno straordinario rigore formale e da una sempre maggiore economia espressiva, in cui, tra gli esiti maggiori, si segnalano Com'è, 1961, Compagnia, 1979, Worstword Ho.

 

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Tratto da: Samuel Beckett.  Wikipedia, L'enciclopedia libera.