Jean Jacques Rousseau

Jean-Jacques Rousseau (Ginevra, 28 giugno 1712 – Ermenonville, 2 luglio 1778) è stato uno scrittore, filosofo e musicista svizzero.

Le idee politiche di Rousseau influenzarono la Rivoluzione Francese, lo sviluppo delle teorie socialiste, e la crescita del nazionalismo. La sua eredità di pensatore radicale e rivoluzionario è probabilmente espressa al meglio nella sua più celebre frase, contenuta nel Contratto sociale: "L'uomo è nato libero, ma ovunque è in catene". Le sue teorie ebbero anche notevole influenza sul successivo Romanticismo.

Rousseau nacque nel 1712 a Ginevra e nel corso di tutta la sua vita mantenne l'orgoglio di essere ginevrino. Sua madre, Suzanne Bernard Rousseau, morì una settimana dopo la nascita del figlio, per complicazioni post-parto. Suo padre Isaac, un orologiaio medio borghese, lo diede in affidamento nel 1722, a causa di una rissa, infatti, venne bandito dalla città di Ginevra. Nella sua infanzia Rousseau fu educato in maniera abbastanza inusuale: i classici della letteratura latina vennero spesso privilegiati ai libri accademici. Era un giovane fantasioso, intelligente e creativo, nonché lettore precoce ed infaticabile, si può dire che si sia formato sulla Bibbia, sulle Vite parallele di Plutarco e sui sermoni moralistici di Calvino (calvinismo).

Rousseau lasciò Ginevra il 14 marzo 1728, dopo diversi anni di apprendistato prima presso un notaio e poi un incisore. Dopo ripetuti vagabondaggi incontrò Françoise-Louise de Warens, una baronessa francese cattolica, che se ne fece protettrice e in seguito sua amante, nonostante lei fosse di dodici anni più grande. In seguito egli si convertì per compiacenza al cattolicesimo, rimanendo però di rigida mentalità calvinista prima di convertirsi poi definitivamente al deismo, come si constata dalla "Confessione del vicario savoiardo" nel libro IV dell'"Emilio".

Trascorse quindi alcune settimane in un seminario, e, agli inizî del 1729, sei mesi presso la scuola del coro della cattedrale di Annecy. Dedicò inoltre diverso tempo al viaggio e a diverse professioni; ad esempio, all'inizio del decennio 1730, lavorò come insegnante di musica a Chambéry. Nel 1736 fu di nuovo presso i de Warens, vicino a Chambéry, un soggiorno che trovò estremamente piacevole, ma nel 1740 partì nuovamente, per Lione, dove fece da tutore del giovane figlio di Gabriel Bonnet de Mably.

Nel 1742 Rousseau si spostò a Parigi, per presentare all'Accademia delle Scienze un nuovo sistema di notazione musicale, che aveva inventato, basato su una singola linea dove i numeri rappresentavano gli intervalli tra le note, mentre punti e virgole indicavano i valori ritmici. L'idea era quella di avere un sistema compatibile con la tipografia, ma l'Accademia lo respinse come inutile e privo di originalità.

Dal 1743 al 1744 fu segretario dell'ambasciatore di Francia a Venezia, il cui governo repubblicano Rousseau citò spesso nelle suoi scritti politici posteriori. Tornò quindi a Parigi, dove strinse un rapporto e visse con Thérèse Lavasseur, una giovane sarta analfabeta da cui ebbe cinque figli, che Rousseau abbbandonò tutti all'ospizio dei trovatelli. Considerando le sue teorie sull'educazione, Rousseau fu spesso criticato da Voltaire e dai commentatori successivi, per l'abbandono prematuro dei suoi figli all'orfanotrofio. Rousseau nelle "Confessioni" spiega, non senza ammettere i propri rimorsi, che non aveva la disponibilità economica per mantenere i suoi figli e che questi avrebbero avuto quindi una vita migliore proprio in orfanotrofio. Contraddizioni come queste tra la vita e l 'opera, furono in seguito adoperate dai critici per svilire Rousseau, definendolo incapace di vivere in società, nel tentativo di screditare i suoi lavori teorici.

Durante il soggiorno parigino, fece amicizia con Diderot, e dal 1749 collaborò con diversi articoli, inizialmente sulla musica, all'Enciclopedia. Il suo maggior contributo fu la voce "Economia politica", scritta nel 1755. Poco dopo i rapporti di Rousseau con Diderot e gli altri enciclopedisti si fecero tesi e difficili.

Nel 1749, sulla via verso Vincennes, per visitare Diderot, al tempo in prigione, Rousseau venne a sapere di un concorso sponsorizzato dall'Accademia di Digione, per un saggio che doveva discutere se lo sviluppo delle arti e delle scienze fosse benefico dal punto di vista morale. La risposta di Rousseau, negativa, fu il Discorso sulle scienze e le arti, del 1750, che gli valse il primo premio, e gli guadagnò grande notorietà.

Rousseau affermò che, durante il viaggio in carrozza per visitare Diderot, visse un'ispirazione improvvisa su cui si basarono tutti i suoi successivi lavori filosofici. Un'ispirazione che, tuttavia, non frenò il suo interesse per la musica, tanto che nel 1752, la sua opera L'indovino del villaggio, fu messa in scena per Luigi XV.

Nel 1754, Rousseau tornò a Ginevra, dove si convertì nuovamente al Calvinismo, e riottenne ufficialmente la cittadinanza ginevrina. Nel 1755 completò la sua seconda opera maggiore, il Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini. Fu a partire da questo che le sue opere cominciarono a incontrare uno sfavore sempre crescente presso il governo francese.

Nel 1761 Rousseau pubblicò il fortunato romanzo Giulia o la nuova Eloisa e, l'anno successivo, il Contratto sociale e Emilio o dell'educazione. Entrambi i libri criticavano la religione e furono per questo banditi sia in Francia che a Ginevra. Rousseau fu costretto a fuggire per evitare l'arresto, fermandosi sia a Berna che a Motiers, in Svizzera. A Motiers scrisse il Progetto costituzionale per la Corsica.

A causa delle critiche che lo seguirono anche in Svizzera (la sua casa a Moitiers fu murata nel 1765), Rousseau, nel gennaio del 1766, si rifugiò in Gran Bretagna, presso il filosofo David Hume. Ma dopo diciotto mesi, credendo che Hume stesse complottando contro di lui, fuggì anche da qui.

Rousseau tornò in Francia sotto il nome di "Renou", nonostante ufficialmente non potesse tornare sino al 1770. Nel 1768 sposò Thérèse, e nel 1770 tornò a Parigi. Gli fu consentito di tornarvi a condizione che non pubblicasse alcun libro, ma dopo aver completato le sue Confessioni, cominciò a darne letture private, che gli vennero impedite nel 1771. Di conseguenza, questo libro e tutti i successivi vennero pubblicati soltanto dopo il 1782, quattro anni successivamente alla sua morte.

Rousseau continuò a scrivere sino alla morte. Nel 1772 fu invitato a presentare delle raccomandazioni per la nuova costituzione della Polonia, il cui risultato fu la sua ultima grande opera politica, le Considerazioni sul governo della Polonia. Nel 1776 completò i Dialoghi: Rousseau giudice di Jean-Jacques, e cominciò a lavorare a Le fantasticherie del passeggiatore solitario. In questo periodo, per potersi mantenere, tornò a copiare musica. A causa della sua paranoia (in parte non infondata), non cercò compagnia o attenzioni di altre persone.

Una mattina, passeggiando per le terre del marchese di Girardin, a Ermenonville (nei pressi di Parigi), fu colpito da una emorragia, e morì il 2 luglio 1778.

Rousseau fu inizialmente sepolto nella Ile des Peupliers. Sedici anni più tardi, nel 1794, le sue spoglie furono traslate al Pantheon di Parigi, dove, per ironia della sorte, riposa accato alle spoglie del suo nemico, Voltaire. La tomba fu disegnata per somigliare a un tempio rustico, come richiamo alle teorie di Rousseau sulla natura. Nel 1834 il governo di Ginevra eresse, di malgrado, una statua in suo onore sulla piccola Ile Rousseau, nel Lago di Ginevra.

Da un punto di vista rigorosamente filosofico il contributo di Rousseau alla cultura del Settecento è molto modesto. Più che un filosofo egli è un moralista, che riesce ad elaborare alcune idee originali e in qualche caso innovative sul piano pedagogico e su quello sociologico e politico. Uomo profondamente religioso e psichicamente instabile egli trasferisce i suoi turbamenti teologici e psicologici (si pensi a "Rousseau giudice di Jean-Jacques) in un pensiero sovente incoerente, ma denso di suggestioni religiose e mistiche. Ciò che principalmente caratterizza il suo pensiero è la sua posizione in merito alla cultura ed alla scienza in generale, che si dipana nelle splendide pagine del Discorso sulle scienze e le arti.

Accanito detrattore delle Accademie, al quel tempo ieratici custodi ed arbitri assoluti e dello scibile, Rousseau confuta argutamente i benefici che provengono dalla conoscenza fine a se stessa e priva di una funzione morale e virtuosa, argomentando con ragionamenti logici che seguono da esempi e interpretazioni storiche. In tale ottica e' anzitutto il vizio e le mollezze dell'uomo raffinato e le sue innaturali ricercatezze che vengono avversate, sconfessando la boriosita' conferita dalla cultura e la corruzione morale conseguente all'involuzione dei costumi sociali. Le migliori pagine del Rousseau pensatore hanno un chiaro intento moralizzante e comunque polemico contro gli eccessi del culto della ragione che imperverserà sino ad oggi.

Contributi notevoli li diede in riflessioni basate sull'introspezione psicologica, in cui riconosce la fragilità e le manchevolezze umane e sociali. Per quanto le sue analisi antropologiche siano opinabili, in sociologia ebbe ottime idee e fu un grande paladino dell'equità sociale e dell'eguaglianza tra gli uomini. Latore di un idealismo umanista di stampo arcaico, vedeva tuttavia la donna inferiore in raziocinio al maschio e a questo subordinata. Per quanto riguarda la sociologia il "Contratto sociale" è certamente il suo capolavoro, avendo un notevole successo di consensi ed un'indubbia influenza su alcune istanze della rivoluzione. Le sue proposte politiche sono in gran parte ispirate al Platone della "Repubblica" e delle "Leggi". Il suo sogno era in conclusione non uno stato libertario ma totalitario, dove il popolo nella sua globalità sarebbe stato libero dallo straniero, ma inquadrato in uno Stato dove l'individualità è vissuta in favore di un concetto di Patria come stato etico, che si fa garante e promotore della rettitudine morale del cittadino.

Rousseau vedeva una divaricazione sostanziale tra la società e la natura umana; affermava che l'uomo fosse, in natura, buono, un "buon selvaggio", ma che fosse stato corrotto in seguito dalla società civile e acculturata; vedeva questa come un prodotto artificiale nocivo per il benessere degli individui, portandoli alla mollezza e al vizio.

Il negativo influsso della società su un uomo altrimenti virtuoso, nella filosofia di Rousseau, ruota intorno alla trasformazione dell'amore di sé (amour de soi), inteso in senso positivo, nell'amor proprio (amour-propre), visto come negativo. L'amore di sé consiste nell'istintivo desiderio, posseduto dall'uomo come dagli altri animali, di autoconservazione; l'amore proprio, invece, generato dalla società, costringe l'individuo a paragonarsi agli altri esseri umani, portando all'infondata paura di non essere sufficientemente apprezzato, o al trarre piacere dalle debolezze e dal dolore altrui. Tuttavia, il primo a porre questa distinzione non fu Rousseau; ad esempio fu affermata, tra gli altri, da Luc de Clapiers, marchese di Vauvenargues.

Nel Discorso sulle scienze e le arti, Rousseau sostenne che le arti e le scienze non avessero apportato benefici all'umanità, in quanto non erano state prodotte per rispondere alle necessità umane, bensì generate dall'orgoglio e dalla vanità. Inoltre le arti e le scienze creavano occasioni per l'ozio e il lusso, contribuendo così alla corruzione dell'uomo. Rousseau affermava che il progresso delle conoscenze avevano reso i governi maggiormente potenti, schiacciando così le libertà individuali. Concludeva quindi che il progresso materiale minacciasse la possibilità di costruire amicizie sincere, al cui posto subentravano gelosie, paure e sospetti.

Nel successivo Discorso sull'ineguaglianza, illustrò il progresso e la degenerazione dell'umanità da un primitivo stato di natura sino alla società moderna. Rousseau suggeriva che gli uomini primordiali fossero individui isolati, diversi dagli altri animali unicamente per il possesso del libero arbitrio e per la capacità di perfezionarsi. Questi uomini primitivi erano dominati dall'impulso di autoconservazione ("amore di sé") e da una disposizione naturale alla compassione e alla pietà verso i simili. Quando l'umanità fu costretta a vivere in comunità, a causa della crescita della popolazione, subì una trasformazione psicologica, in seguito alla quale cominciò a considerare come la buona opinione degli altri come un valore indispensabile per il proprio benessere. Rousseau associava questa nuova forma di consapevolezza a un'età dell'oro della prosperità umana. Tuttavia, lo sviluppo dell'agricoltura e della metallurgia, e la conseguente creazione della proprietà privata e della divisione del lavoro, portarono a una crescente dipendenza reciproca degli individui e alla disuguglianza tra gli uomini. La conseguente condizione di conflitto tra chi aveva molto e chi poco o nulla, fece sì, secondo Rousseau, che il primo Stato fu inventato come una forma di contratto sociale suggerito dai più ricchi e potenti. Difatti i ricchi e i potenti, tramite il contratto sociale, sanzionarono la proprietà privata, lo stato di fatto e quindi istituzionalizzarono la diseguaglianza come se fosse inerente alla società umana. Rousseau concepiva la propria proposta per un nuovo contratto sociale come un'alternativa a questa forma fraudolenta. Al termine del Discorso sull'ineguaglianza, Rousseau spiega come il desiderio di essere considerati dallo sguardo altrui, che si era generato durante l'età dell'oro, aveva potuto, sul lungo periodo, corrompere l'integrità e l'autenticità degli individui all'interno di una società, quella moderna, segnata dalla dipendenza reciproca, dalle gerarchie e dalle diseguaglianze.

L'opera più importante di Rousseau, probabilmente, è il Contratto sociale, in cui vengono proposte le basi per un ordine politico legittimo.

Divenne uno dei titoli più influenti nella successiva teoria politica europea. Nei contenuti, proseguiva alcune idee già citate in un lavoro precedente, l'articolo sull'"economia politica" con cui Rousseau aveva contribuito all'Enciclopedia di Diderot. Rousseau affermava che lo stato di natura, degenerato in una condizione ferina priva di legge o morale, costringeva l'umanità ad adottare delle istituzioni o a perire. Nella fase degenerata dello stato di natura, l'uomo è soggetto a una competizione incessante coi suoi simili e, al contempo, a diventarne progressivamente dipendente. Una duplice tensione che minaccia sia la sua sopravvivenza che la sua libertà. Secondo Rousseau, unendosi grazie al contratto sociale e abbandonando la loro pretesa di diritti naturali, gli individui possono conservare se stessi e al contempo restare liberi. Questo perché, sottomettendosi all'autorità della volontà generale del popolo in quanto entità unitaria, gli individui evitano di diventare subordinati alla volontà di altri individui; inoltre, in questo modo, ci si assicura che obbediranno alle leggi di cui saranno, essi stessi, autori collettivi. Rousseau sostiene che la sovranità deve essere nelle mani del popolo, ma distingue nettamente tra sovranità e governo. Il governo è incaricato di eseguire e far rispettare la volontà generale, ed è composto da un piccolo gruppo di cittadini, definiti "magistrati". Rousseau si opponeva fortemente all'idea che il popolo potesse esercitare la propria sovranità tramite un'assemblea rappresentativa. Piuttosto, gli stessi cittadini dovevano essere i diretti autori delle leggi. C'è chi ha dedotto che, di conseguenza, lo Stato ideale di Rousseau non possa essere realizzato in società di grandi dimensioni; ciò tuttavia forse non vale per i tempi più recenti, grazie ai progressi dei sistemi di comunicazione. La maggior parte delle dispute successive sull'opera di Rousseau riguardano il disaccordo sulla sua affermazione che i cittadini siano liberi in quanto costretti a obbedire alla volontà generale.

Rousseau teorizzò un programma pedagogico basato sul concetto del "educazione preventiva", ossia di un'educazione che non inculca alcuna virtù, ma previene il vizio; non insegna la verità, ma preserva dall'errore consentendo il libero sviluppo della personalità.

Rousseau espone la sua visione dell'educazione nell'Emilio, un libro parzialmente di fantasia, che racconta nei dettagli la crescita di un giovane ragazzo chiamato appunto Emilio, e guidato dallo stesso Rousseau. Rousseau lo porta nella campagna, il luogo che, per lui, è maggiormente congeniale alla natura umana, diversamente dalla città, dove rischierebbe di apprendere unicamente cattive abitudini, sia dal punto di vista fisico che morale. Obiettivo dell'educazione, dice Rousseau, è come imparare a vivere, e questo si ottiene seguendo un guardiano in grado di mostrare la strada per una vita buona.

La crescita del ragazzo è divisa in tre sezioni: la prima sino ai dodici anni circa, periodo in cui non è ancora possibile il pensiero complesso e i bambini, secondo Rousseau, vivono come animali; la seconda va dai dieci o dodici anni sino ai quindici, periodo in cui comincia a svilupparsi la ragione; la terza va dai quindici in su, periodo in cui il ragazzo va facendosi infine adulto. A questo punto Emilio incontra una giovane donna con cui potrà completarsi.

Il libro è basato sugli ideali di Rousseau di una vita sana. Il ragazzo deve imparare, dalla propria esperienza diretta, come seguire i suoi istinti sociali e proteggersi dai vizi dell'individualismo e dell'autocoscienza urbana.

Curiosamente, come altri grandi pedagoghi, non fu per nulla affettuoso padre dei suoi figli (che abbandonò in orfanotrofio), ma grande educatore al di fuori della famiglia.

L'Emilio è il suo capolavoro pedagogico. Emilio è un allievo immaginario, dotato di tutte le facoltà e le condizioni socioeconomiche per essere educato da un buon precettore. Il suo curricolo educativo dura venticinque anni, durante i quali, il precettore gli presenterà una serie di esperienze che avranno lo scopo di fargli raggiungere la maturità, in modo tale che egli possa ben integrarsi nella società in cui vive. Il precettore deve programmare la sua vita e i suoi incontri, infatti agisce indirettamente, per evitargli delle esperienze diseducative. Adeguerà, nelle sue diverse età, il suo sapere; e farà in modo che Emilio avverta in modo naturale i propri limiti. Emilio deve apprendere dall'esperienza, vivendo all'aria aperta e apprenderà solo quando ne avvertirà il bisogno. All'inizio dell'adolescenza dovrà imparare un lavoro manuale ed in questa fase il precettore gli impartirà un'educazione culturale, sessuale, morale, religiosa e lo avvierà anche al matrimonio e alla politica. Il precettore, lo lascerà libero, solo quando sarà convinto che Emilio saprà essere a sua volta un buon precettore per la sua prole.

Per capire appieno la posizione religiosa di Rousseau è necessario innanzitutto capire l'inconsistenza antropologica della sua cultura e l'anelito mistico che la domina. Se si può parlare di una rivoluzione rousseauiana essa riguarda la sociologia, la psicologia e il costume, ma per niente la filosofia. Rousseau è un pensatore che ebbe grande fortuna per il suo straordinario stile letterario, alla moda, e la "rivoluzione" da lui compiuta riguarda il modello di retroguardia che egli propone contro il moderno a favore dell'antico (il suo sogno è Sparta). Egli è contro la modernità e contro la civiltà e la cultura, nel perseguimento di un utopico sogno di austerità e purezza primitiva; sogna alcune strutture universali e permanenti dell'esistenza umana al suo stato di purezza delle origini pre-culturali. Al riguardo sono fondamentali i concetti di "coscienza" e di "sentimento": la prima rappresenta per l'autore una voce interiore che serve da "bussola" nella valutazione morale del proprio e altrui comportamento e che appartiene alla natura umana (ma che tuttavia si sviluppa in una fase successiva all' originario "stato di natura"). Il concetto di sentimento si sviluppa nel pensiero di R. seguendo varie sfumature ma sempre contro la razionalità intellettuale, considerata causa della corruzione della bontà originaria dell'uomo e quindi fondamento di tutti i suoi mali. Il lume che lo guida e che gli fa pensare di uscire dall'immobilismo di una società corrotta è il sognio di un ritorno allo stato di natura. Ma questa è solo una pulsione religiosa che lo permea profondamente come fosse una verità sognata e illusoria. La ragione è ammessa nella misura in cui si assoggetti al sentimento, alla passionalità e il "cuore", la sede del "sentimento" deve sempre prevalere sulla "testa", la sede della razionalità modernista e corruttrice. Il "cuore" come autonomia sentimentale vitale, quindi contro le costrizioni e i precetti, contro l'autorità religiosa, contro lo stato corrotto. La religione positiva, quella istituzionalizzata e corrotta, va superata con una nuova religione del cuore e della spontaneità, che egli coglie nel deismo di Samuel Clarke debitamente riformato "alla Rousseau" ma con forti suggestioni di San Paolo. Da qui il dualismo anima-corpo, interiore-esteriore (natura-società), caratteristico del R., all'interno del quale la religione si colloca nel primo dei due termini: lo spirito religioso si sviluppa naturalmente nell'uomo, fa parte di un ambito individuale, intimo, interiore, si rivela nella sua semplicità e purezza spoglio di tutte le costruzioni apportate dalla cultura. Le teorie di Rousseau furono particolarmente dibattute, al tempo, a causa dei giudizi in ambito religioso contenuti in esse. L'idea di Rousseau, che l'uomo fosse buono per riprodursi, era in contrasto con la dottrina del peccato originale; inoltre, la sua "teologia naturale", esposta dal Vicario Savoiardo nell'Emilio portò alla condanna del libro sia nella Ginevra calvinista che nella cattolica Parigi. Nel Contratto sociale Rousseau afferma che i seguaci autentici di Gesù non potranno mai essere buoni cittadini, e quindi anche questo libro fu condannato a Ginevra. Rousseau non fu comunque un ateo, anche se la sua fede e la sua filosofia contrastavano diversi principî del cristianesimo; inoltre, sempre nel Contratto sociale, afferma che per il benessere e la coesione dello Stato sia necessaria una religione, che contempli la fede in un dio unico, in una vita eterna e futura, e nella remissione dei peccati. In questo senso Rousseau è ritenuto fra i più coerenti teorici dell'intolleranza religiosa: secondo questa sua visione, lo Stato ha il diritto e il dovere di perseguire e sanzionare, in nome della volontà generale, coloro che non si adeguano alla confessione prevista dalla legge.

Rousseau cercò di difendersi dalle critiche contro la sua visione religiosa nella Lettera a Christophe de Beaumont.

Le idee di Rousseau ebbero una notevole influenza durante la Rivoluzione Francese, durante la quale, comunque, la sovranità popolare non fu esercitata direttamente dal popolo ma dai suoi rappresentanti: non si può quindi affermare che i governi rivoluzionarî fossero un'applicazione effettiva della dottrina politica di Rousseau. In seguito scrittori come Benjamin Constant e Hegel accusarono le teorie di Rousseau di essere responsabili degli eccessi rivoluzionarî, specialmente quelli del Terrore; tali accuse furono tuttavia oggetto di controversie. Egli sognava dei legislatori e dei politici "santi e puri" alla maniera in cui Platone sognava i reggitori della polis di Atene (si pensi al "mito della caverna), ma Rousseau considerava Atene corrotta dalla cultura e dagli agi mentre vedeva Sparta come la polis modello, forte guerriera austera e virtuosa.

Rousseau fu il primo scrittore moderno ad attaccare in maniera decisa l'istituzione della proprietà privata, e per questo spesso è anche considerato un precursore del socialismo e del comunismo (tuttavia, Marx raramente cita direttamente Rousseau nei suoi scritti). Rousseau, inoltre, contestava il principio che il volere della maggioranza fosse sempre corretto; secondo lui l'obiettivo del governo era assicurare libertà, uguaglianza e giustizia per tutti i cittadini, anche a dispetto della volontà della maggioranza in base a principi etici. Egli fu il primo teorizzatore dello stato etico "assoluto" contro il modello di Montesquieu dello stato migliore "possibile".

Uno dei principi fondamentali del pensiero socio-politico di Rousseau è l'impossibilità di separare l'ambito prettamente politico da quello morale. Uno Stato che non riesca ad agire in modo morale fallisce nella sua funzione primaria, e cessa di esercitare un'autorità autentica sull'individuo. Lo Stato, secondo Rousseau, deve agire sugli individui per trasformarli ed emendarli da tutte le distorsioni morali generate da una società, come quella attuale, dominata dall'ineguaglianza. Il secondo principio fondamentale è la libertà, che lo Stato deve difendere a ogni costo contro lo straniero. Non si tratta tanto di una libertà intesa in senso liberale, ma una libertà morale e interiore, che consiste nell'indipendenza del popolo e di ogni singola personalità individuale che ne faccia parte dai valori fluttuanti e soggetti alle mode della maggioranza. Secondo Rousseau lo Stato ha il dovere di "costringere a essere liberi" i cittadini riluttanti a seguire la volontà generale. Per la volontà di riformare e trasformare l'uomo e per l'ideale di una comunità statale totale, Rousseau è stato visto talvolta come precursore delle successive utopie e degli Stati totalitarî del XX secolo.

Le idee di Rousseau sull'educazione hanno profondamente influenzato le successive teorie sull'educazione, tanto che c'è chi, come John Darling, ha affermato che la storia della teoria dell'educazione consiste in una serie di note a margine alle opere di Rosseau (parafrasi della più nota affermazione di Whitehead, secondo cui l'intera storia della filosofia consiste in una serie di note a margine all'opera di Platone). Nell'Emilio Rousseau distingue tra un bambino sano e un bambino "inutile" e incapace. Il bambino sano deve essere l'unico obiettivo di ogni attività educativa. Rousseau sminuiva l'importanza della lettura, e raccomandava di sviluppare l'emotività del bambino prima che la sua ragione. Concedeva particolare importanza all'apprendimento tramite l'esperienza e non tramite l'acculturazione.

Nei suoi scritti principali Rousseau identifica la natura con lo stato primitivo dell'uomo selvaggio. Più tardi usa il termine "natura" per indicare la spontaneità del processo con cui l'uomo costruisce il suo istinto egocentrico (non inteso in senso negativo), basato sul proprio carattere e sul piccolo mondo che lo circonda. Natura significa qui interiorità e integrità, in opposizione alla prigionia e alla schiavitù che la società impone nel nome di una falsa emancipazione dalla barbarie.

Tornare alla natura significa restituire l'uomo alle forze di questo processo naturale, ponendolo al di fuori dei legami oppressivi e dei pregiudizî della civiltà. Queste ultime idee fanno di Rousseau una figura particolarmente importante nel Romanticismo e quindi fondamentalmente contro l'Illuminismo, di cui comunque, per molti altri versi, faceva parte.
 

 

Indice frasi

 

Tratto da: Jean Jacques Rousseau. Wikipedia, L'enciclopedia libera.