Lev Tolstoj

 

Lev Nikolaevic Tolstoj - (Jasnaja Poljana presso Tula (Russia) 28 agosto 1828 - Astapowo, 7 novembre 1910) è stato un famoso scrittore russo. Tolstoj era non solo un grande scrittore, ma anche un grande pensatore.

La madre, una principessa Volkonskaja, morì quando Lev aveva due anni. Anche il padre apparteneva all'antica nobiltà russa: un antenato, il principe Petr Tolstoj, era stato uno stretto collaboratore di Pietro il Grande.

Lunga fu la vita di Tolstoj e tragica, nell'accezione più vera del termine, ossia nel senso che essa fu dominata da una profonda, segreta tensione: la si potrebbe definire una tragedia dell'anima. Come raramente capita tra gli scrittori, Tolstoj si rivelò subito un artista di grande talento: il suo primo racconto, Infanzia (1852), uscito nella rivista Sovremennik (Il contemporaneo) e firmato solo con le iniziali, è un capolavoro, non inferiore alle opere più tarde né per potenza espressiva, né per perfezione della lingua, né per sottigliezza stilistica.

E, come ancor più raramente capita tra gli scrittori, Tolstoj ebbe un'incessante, tormentosa evoluzione interiore, lottò con sé stesso e con il mondo, e questa lotta, talora impetuosa, alimentò senza soste l'impulso creativo. Rimasto orfano prestissimo (il padre morì quando Tolstoj aveva nove anni), fu allevato da alcune zie molto religiose e da due precettori, un francese e un tedesco, che diventeranno poi personaggi del racconto Infanzia.

Nel 1844 si iscrisse all'università di Kazan (nell'attuale Tatarstan), prima alla facoltà di studi orientali, poi, l'anno dopo, a quella di giurisprudenza, ma non arrivò mai alla laurea.

La giovinezza dello scrittore fu disordinata, tempestosa; a Kazan passava le sue serate tra feste e spettacoli, ma intanto leggeva molto, soprattutto filosofi e moralisti. Enorme influenza su di lui ebbe Jean-Jacques Rousseau, e non a caso una delle opere più importanti, scritta trent'anni più tardi, si intitolerà appunto Confessione (1884). Autori come Rousseau, Sterne, Puskin, Gogol insegnarono al futuro scrittore un principio fondamentale: in letteratura la cosa più importante è la sincerità, la verità.

La prima opera letteraria tolstojana nasce sotto l'influsso di Sterne: è il racconto incompiuto Storia della Giornata di Ieri. Lo scopo del racconto, secondo le parole dell'autore, era estremamente semplice e insieme complicatissimo, quasi irrealizzabile: "descrivere una giornata, con tutte le impressioni e i pensieri che la riempiono". Da questo germe si può già intravedere lo sviluppo della possente pianta: tendenza all'introspezione e alla vita reale. Tolstoj resterà fino alla fine un incrollabile realista. L'immaginazione o quella che si suol chiamare fantasia è quasi inesistente nei suoi libri. L'unica possibilità di utilizzare la fantasia consiste nell'elaborazione di qualche particolare, di qualche sfumatura che appartiene però a un oggetto assolutamente reale.

Anche il secondo racconto, pubblicato sempre su il "Contemporaneo", è ispirato a criteri di verità, quasi naturalistica: L'incursione (1853) nasce dal ricordo di un'autentica scorribanda compiuta da un battaglione russo in un villaggio caucasico. Nel 1851-53 Tolstoj partecipò alla guerra nel Caucaso, prima come volontario, poi come ufficiale di artiglieria. Nel 1853 cominciò la guerra russo-turca. Su sua richiesta, Tolstoj viene trasferito in Crimea, a Sebastopoli, dove si combatteva sul famoso quarto bastione. In Crimea egli fece la vita del soldato, combatté coraggiosamente, affrontò pericoli d'ogni sorta, osservò tutto con attenzione, vide in faccia la morte, e tuttavia gli avvenimenti più tragici avvenivano dentro di lui: si sentiva inquieto, costantemente in bilico tra la vita e la morte. In una nota di diario del 1854 osservava: "La cosa più importante per me è liberarmi dai miei difetti: la pigrizia, la mancanza di carattere, l'irascibilità".

La guerra di Crimea, violenta e rovinosa per l'esercito russo, lasciò un solco profondo nel giovane Tolstoj, e gli diede materiale per una serie di racconti: il ciclo dei tre Racconti di Sebastopoli (1855) e poi Il taglio del bosco (1855), La tempesta di neve (1856) e I due ussari (1856). Ispirate alle violenze della guerra, queste opere sconvolsero la società russa per la spietata verità, l'assenza di qualsiasi forma di romanticismo guerriero o di patriottismo sentimentale: nessuno prima di lui aveva descritto la guerra in quel modo. Era una voce nuova anche nella letteratura mondiale.

La censura a malincuore autorizzò la pubblicazione dei tre Racconti di Sebastopoli: voleva vietare il secondo "per l'attegiamento derisorio nei confronti dei nostri coraggiosi ufficiali", ma alla fine cedette, pur imponendo tagli e modifiche. Nel 1856 i racconti vennero raccolti in un volume con il titolo Racconti di Guerra.

Gli anni successivi furono molto duri per Tolstoj: anni di ricerche, di viaggi, di interesse per l'istruzione popolare, di attività di giudice di pace nelle contese tra proprietari e contadini durante il periodo delle riforme. Nei nove anni che vanno dai Racconti di guerra alla prima parte della grandiosa epopea Guerra e pace (1865), Tolstoj pubblicò pochi racconti, il mediocre Felicità familiare (1856) e lo straordinario I cosacchi (1863), ispirato ai ricordi del Caucaso, un autentico capolavoro, lungamente elaborato nel corso di un decennio. Anche se sono evidenti gli echi della lettura rousseauiana, il racconto è attualissimo, come poche altre opere di Tolstoj, forse solo come Anna Karenina, in cui si esprime con entusiasmo la nostalgia per la vita a contatto con la natura, semplice, felice.

Intanto lo scrittore viaggiava per l'Europa, conosceva Pierre-Joseph Proudhon, Alexander Herzen, Charles Dickens, molte cose lo attiravano, molte altre lo sconvolgevano: il potere dei potenti, la povertà dei poveri, la pena di morte. Ma non meno lo angosciava la vita russa, specialmente la vita dei contadini. In questi anni cominciava a manifestarsi in modo sempre più evidente una caratteristica fondamentale della personalità tolstojana: l'insoddisfazione di sé stesso, della propria esistenza, della propria opera.

Come Olenin, l'eroe de I Cosacchi, che rifiuta la società falsa e ipocrita per rifugiarsi nel Caucaso, così Tolstoj all'inizio degli anni Sessanta decise di abbandonare gli impegni mondani, ivi compresi quelli letterari, per rifugiarsi nella propria tenuta e occuparsi dell'istruzione dei bambini del villaggio nella scuola da lui stesso fondata.

Nel 1862 sposò la figlia di un medico, Sof'ia Bers, da cui ebbe tredici figli, cinque dei quali morti prestissimo.

Ma il destino di Tolstoj non poteva essere quello di un tranquillo proprietario di campagna, tanto più che la felice vita familiare stimolava i suoi istinti creativi: in sette anni portò a termine Guerra e pace (1863-1869). La scelta di un tema storico, di fatti avvenuti cinquant'anni prima, non era un rifiuto a partecipare ai dibattiti sulle "grandi riforme", sullo scontro tra liberali e conservatori, sui primi attentati terroristici (o anarchici come allora venivano chiamati), anzi era una risposta proprio a quei dibattiti, agli attacchi dei democratici contro la struttura nobiliare, alla campagna per l'emancipazione della donna.

Molte delle nuove idee furono accolte da Tolstoj con scetticismo. Il suo ideale era una società "buona" e patriarcale, era la purezza della vita secondo natura. In Guerra e pace Tolstoj affrontò questioni fondamentali di carattere storico-filosofico, come il ruolo del popolo e dell'individuo nei grandi avvenimenti storici. Contrapponendo Napoleone a M.I. Kutuzov, l'autore volle polemicamente dimostrare la superiorità di Kutuzov, che aveva capito lo spirito delle masse e aveva afferrato l'andamento degli eventi.

Le due linee centrali del romanzo sono indicate dal titolo stesso: la "guerra" e la "pace". Attraverso l'intrecciarsi dei due motivi nasce un'unità, una sintesi dell'estetico e dell'etico, una summa della vita russa dell'inizio del XIX secolo, vista dall'interno. Due sono le date entro cui scorrono gli avvenimenti: il 1805, anno della prima, sfortunata campagna contro Napoleone che si chiude con la sconfitta di Austerlitz, e il 1812, anno della gloriosa guerra patria che vede insorgere tutto il popolo russo in difesa del territorio nazionale. E se l'ambiente sociale in cui si muovono i protagonisti è l'alta nobiltà moscovita e pietroburghese, il sostrato autentico verso cui tendono è il popolo, la nazione contadina, per lo più passiva, ma che nei momenti cruciali riesce a imporre la propria volontà.

Nel ritrarre la nobiltà Tolstoj non nasconde il proprio rifiuto, la propria intransigenza: pone da un lato il clan dei depravati Kuraghin, malvagi portatori di male, di corruzione, e dall'altro i Rostov, serena immagine di una classe in declino, incapace di gestirsi economicamente ma portatrice di valori ancora accettabili. Su questo sfondo si stagliano i tre protagonisti, il cui cammino spirituale sovrasta quelli di tutti gli altri personaggi: il principe Andrej Bolkonskij, fin dalle prime pagine in polemica con la società salottiera pietroburghese, è attratto dal sogno di gloria di un atto eroico (battaglia di Austerlitz), passa poi attraverso stadi di scetticismo e di indifferenza per rinascere alla vita attraverso l'amore per Natasha. La sua morte è un doloroso processo di illuminazione ed elevazione spirituale, simile a quello di Ivan Il'ic.

Anche Pierre Bezuchov entra nel romanzo contestando le idee dei nobili vicini alla corte: ma, personaggio più sensuale di Andrej, viene inizialmente attratto dai falsi valori impersonati dai Kuraghin, che lo spingono a stravizi e a un matrimonio senza amore con la bellissima Hélène, sorella del fatuo e corrotto Anatolij. Il desiderio di autoperfezionamento lo spinge verso la massoneria, ma la maturazione profonda avviene a contatto con il popolo di soldati-contadini durante la prigionia e soprattutto attraverso l'incontro con Karataev, l'uomo giusto per eccellenza. Pierre incarna il vero, profondo tema universale del romanzo (affine in questo a Levin di Anna Karenina e a Nechljudov di Resurrezione): il tema dell'eterna ricerca, del continuo conflitto tra la realtà esterna, storica, e l'individuo che tende alla purificazione interiore.

Natasha Rostov è una forza della natura, simbolo vivente di una inafferrabile realtà politica, dell'"armonia del mondo" secondo Tolstoj, e in questo senso estranea ai tormenti intellettuali di Andrej. La sua spontaneità, la sua grazia, i suoi impeti infantili si maturano faticosamente attraverso l'amore e la morte di Andrej, la volgare seduzione di Anatolij Kuraghin, il portatore del male che tenta anche lei, e infine l'incontro amoroso con Pierre.

Il romanzo successivo, Anna Karenina (1873-1877), è un'opera aggressiva e polemica, che affronta gran parte dei problemi sociali di quegli anni. L'azione del romanzo si svolge in un ambiente che Tolstoj conosceva perfettamente: l'alta società della capitale. Tolstoj denuncia tutte le segrete motivazioni dei comportamenti dei personaggi, le loro ipocrisie e le loro convenzioni, e forse, quasi senza volerlo, mette sotto accusa non Anna, colpevole di aver tradito il marito, ma la società, colpevole di averla spinta al suicidio.

La forza di Tolstoj artista si identificava con la potenza di Tolstoj moralista, il quale toglieva a chiunque l'arbitrio di giudicare, perché solo Dio può giudicare, come è detto nelle bibliche parole dell'epigrafe: "A me la vendetta, io farò ragione". Anna Karenina è l'antecedente di tutta una serie di romanzi del XX secolo costruiti secondo i principi della psicoanalisi.

In molti punti il romanzo è autobiografico: nel personaggio di Levin, dedito alla conduzione delle proprie terre e alla famiglia, Tolstoj rappresenta se stesso, mentre in alcuni splendidi personaggi femminili (non in Anna) sono riconoscibili certi tratti della moglie, che peraltro aiutò Tolstoj nella stesura dell'opera, consigliandolo su come far procedere la trama.

Soprattutto in Anna Karenina Tolstoj si era accostato ad alcuni tormentosi problemi connessi con la sua crisi di scrittore, con il crollo dei valori esistenziali che fino a poco tempo prima gli erano sembrati indistruttibili. In lui avvenne una sorta di conversione morale ai Vangeli, da lui riletti in modo quasi francescano per l'attenzione alla lettera, ma anche con un deciso rifiuto della teologia e del clero. Accanto alle Sacre Scritture cristiane, Tolstoj leggeva testi orientali, per esempio daoisti. Tolstoj abbracciò una dieta vegetariana e cercò di praticare uno stile di vita di sobrietà e povertà pur nell'ambito dei ricchi beni della sua famiglia. Il desiderio di non trasformare la propria arte in professione, di non riceverne vantaggi materiali, di non vivere nel lusso, di non possedere alcunché, tutte idee nient'affatto condivise dalla moglie di Tolstoj, furono alla base di un profondo e interminabile conflitto familiare. La famiglia, pur continuando a stare insieme, si "divise", per così dire, con la maggior parte dei figli che propendevano per la madre e Tatjana che era forse l'unica a stare dalla parte del padre.

Tolstoj si dedicò, nella prima metà degli anni Ottanta, a opere di carattere morale e religioso: Confessione (1879-1880), In che cosa consiste la mia fede (1882-1884), Saggio di teologia dogmatica (1879-1880), Collazione e traduzione dei vangeli (1880-1881). Il filosofo e mistico russo Pavel Aleksandrovic Florenskij gli scriverà una lettera profonda e appassionata, che probabilmente non gli verrà mai recapitata. Ha appena letto La confessione, in preda a una prima crisi spirituale ne raccoglie la provocazione: avvicinatosi negli anni dell'adolescenza alle posizioni toriche del romanziere, da quelle pagine si discosterà entro breve tempo.

Tolstoj era convinto a questo punto che solo l'amore e il perdono possono unire le genti e dar loro la felicità. L'energia creativa non si era affatto spenta: nella seconda metà degli anni Ottanta vennero pubblicati alcuni tra i migliori racconti, La morte di Ivan Il'ic (1887-1889), La sonata a Kreutzer (1889-1890), e i drammi La potenza delle tenebre (1886) e I frutti dell'istruzione (1886-1889).

Di capitale importanza, non tanto letteraria, quanto filosofica e storica, è il libro Il Regno di Dio è in voi, del 1892. Questo libro, che è l'autentico antesignano della filosofia nonviolenta contemporanea, indaga sul dovere della cristiana "non resistenza al male". Il testo si rifà in parte alla disobbedienza civile teorizzata e praticata da Henry David Thoreau. L'importanza storica del testo gli viene dal fatto di aver influenzato in modo decisivo Gandhi e quindi la storia contemporanea.

Agli inizi degli anni Novanta risale Padrone e servo (1894-1895).

Intanto si facevano sempre più tesi i rapporti con la censura e con la Chiesa ufficiale: La sonata a Kreutzer superò il veto solo per intervento personale di Alessandro III, dopo un incontro con lo scrittore. La crescente irritazione dei circoli governativi ed ecclesiastici era dovuta all'attività di Tolstoj in aiuto agli affamati, alle sue violente proteste contro le persecuzioni delle sette (duchobory e molokany), alle sue accuse (rivolte in opere narrative e pubblicistiche) contro la nobiltà, contro le istituzioni statali, contro la falsa morale dei potenti.

Nel 1901 il Santo Sinodo scomunicò Tolstoj. Ma ormai lo scrittore aveva raggiunto fama mondiale e le persecuzioni non facevano che aumentare la sua popolarità. Jasnaja Poljana era meta di pellegrinaggi da tutte le parti della Russia e del mondo, e Tolstoj fu raggiunto nella sua residenza da numerosi giovani che si dichiaravano suoi seguaci, tra cui Victor Lebrun.

Nell'ultimo grande romanzo Resurrezione (1889-1899) Tolstoj descrive l'angoscia profonda dell'uomo di coscienza (e in primo luogo dell'autore) stretto nel meccanismo della burocrazia statale, nel ferreo "ordine delle cose". Qual è la via di scampo? Un nuovo approccio alla morale cristiana, intesa non come fede nel divino ma come iniziativa etica atta a migliorare concretamente la vita degli uomini su questa terra. La "Resurrezione" dei protagonisti è quindi una resurrezione da non intendersi in senso letterale, ma nel senso metaforico di una rinascita etica - simile a quella vissuta dallo stesso Tolstoj.

L'ultimo decennio vede allinearsi alcuni capolavori, Chadži-Murat (1896-1904, pubblicato nel 1912), La cedola falsa (1902-1904, pubblicato nel 1911), Padre Sergio (1890-1898, pubblicato nel 1912), Appunti postumi dello starec Fedor Kuz'mic (1905, pubblicato nel 1912), il dramma Il cadavere vivente (1900, pubblicato nel 1911), il racconto Dopo il ballo (1903, pubblicato nel 1911).

Nei racconti di quest'ultimo periodo si avverte un'oscillazione continua: da una parte la fede nell'amore universale, nell'avvento del regno dell'armonia attraverso mezzi pacifici, dall'altra la constatazione dell'estrema distanza tra tale avvento e la realtà. Così ci sono i racconti "popolari", dove Tolstoj rappresenta l'ideale del contadino che tutto perdona e tutto sopporta, della non resistenza al male e del perfezionamento morale come unica possibile salvezza, e i racconti che riflettono la storia in cui Tolstoj vive, la problematica della rivoluzione e la sua giustificazione (Divino e Umano, 1905; Perché?, 1906; Chi sono gli assassini, 1908-1909).

Alla crudeltà del mondo, conclude Tolstoj, l'uomo giusto non può che opporre la propria rinuncia, la propria mansuetudine, la propria solitudine. Già nel 1891 Tolstoj aveva dichiarato di rinunciare ai diritti d'autore di tutte le sue opere scritte dopo il 1880: questa decisione coincideva con le sue idee sulla proprietà e sull'arte, che vennero poi raccolte nel lungo articolo Che cos'è l'arte? (1897-1898).

In questa "geremiade" sull'arte in generale e sulla sua in particolare, Tolstoj scrive: "L'arte del nostro tempo è diventata una prostituta... L'autentica opera d'arte nasce raramente nell'anima dell'artista, come frutto dell'esistenza precedente, esattamente come l'atto di concepimento nella donna". E più oltre: "Da quando l'arte è diventata una professione, si è indebolita la sua caratteristica fondamentale, la sincerità".

Nel perdurante conflitto familiare e nel continuo suo conflitto interiore, Tolstoj cercò molte volte di andarsene da casa: l'incoerenza tra i suoi discorsi e il suo modo di vivere gli causavano enorme sofferenza: il 28 ottobre 1910 lo scrittore si allontanò di nascosto da Jasnaja Poljana, diretto in Crimea, ma in viaggiò si ammalò e morì di polmonite alla stazione ferroviaria di Astapovo.

Il significato universale delle opere di Tolstoj sta nella loro forza morale. La teoria della "non resistenza al male" - attinta dal Discorso nella Montagna nel Vangelo di Matteo - è l'anima di questa forza, di cui si può forse tentare una definizione: vivere secondo verità, cioè secondo coscienza, amando il proprio prossimo come se stessi tanto da non reagire mai con violenza alla violenza altrui, ma anzi amando i propri nemici e porgendo loro la guancia, ricambiando il male col bene affinché sempre più tasselli di bene possano contribuire infine alla costituzione di un mondo migliore. Tolstoj sapeva quanto fosse difficile realizzare in terra l'ideale d'amore del Vangelo - dato che il mondo è mal costruito e quindi gli uomini faticano a liberarsi dal peccato - ma sapeva anche che ciò non può giustificare l'uomo a "non vivere come deve" (Ivan Il'ic morendo si disperava perché si era reso conto che "non era vissuto come avrebbe dovuto" e di conseguanza la sua vita era trascorsa priva di senso).

Quanto il mondo fosse mal fatto Tolstoj lo capì perfettamente e sempre più, con crescente orrore e sofferenza interiore. Nell'articolo Non uccidere! dedicato all'assassinio del re d'Italia Umberto I da parte dell'anarchico Gaetano Bresci, Tolstoj scrisse: "L'attuale struttura della società alimenta l'egoismo della gente, pronta a vendere la propria libertà e il proprio onore per un piccolo vantaggio economico". Tolstoj era contrario alla condanna a morte (che toccò a Bresci) così come a qualsiasi uso punitivo della giustizia, perché l'odio non fa che generare altro odio e soltanto l'amore e il perdono possono liberare la società dall'odio, dalla sofferenza e dall'egoismo. All'egoismo, difetto umano per eccellenza, Tolstoj attribuisce una forza gigantesca, poiché ritiene che addirittura intere società si basino su di esso. Ecco perché il mutamento dell'anima di ogni singolo individuo, con tutto il suo egoismo, è strettamente collegato col mutamento del mondo e l'una cosa è impensabile senza l'altra. L'egoismo ha molte facce, molte maschere, molte gradazioni, sicché ci vuole un geniale spirito di osservazione per smascherarlo: talora può spacciarsi per altruismo e spesso può avere una tale violenza da uccidere non solo chi lo nutre in sé ma anche chi gli è vicino, perché ogni crudeltà umana ha la sua radice proprio nell'egoismo.

A differenza di parecchi suoi contemporanei, che ritenevano doversi prima mutare la struttura del mondo e in secondo luogo occuparsi dell'individuo con la sua morale inconsistente e la sua fragile coscienza, Tolstoj era convinto che bisognasse occuparsi di tutti e due contemporaneamente. Altrimenti si finisce col fare questo ragionamento: "sistemerò l'appartamento e vivrò secondo coscienza, ma per il momento, finché ci saranno muri sporchi e mobili vecchi, ho il diritto di vivere in modo disonesto". Nei confronti di tale ragionamento - che attribuisce ai muri sporchi la responsabilità delle azioni disoneste dell'uomo - Tolstoj gridò energicamente il suo no, scrivendo: "Guardate in voi stessi, vergognatevi dei muri sporchi della vostra anima, cambiate i vecchi mobili delle vostre cattive abitudini, questo sarà utile a tutti, servirà a cambiare la corrotta struttura del mondo". Difatti, per Tolstoj, il perfezionamento morale della società può passare solo attraverso il perfezionamento morale degli individui, quindi ogni singolo individuo che voglia cambiare il mondo deve prima di tutto cambiare se stesso, eliminando l'egoismo dalle proprie azioni quotidiane e preoccupandosi costantemente di rendere felici, con atti concreti, le persone con le quali ha occasione di entrare in contatto.

L'etica di Tolstoj non si limita ai rapporti infraumani, ma si allarga in uno sforzo di amore e rispetto verso tutte le forme di vita che popolano il pianeta, compresi gli animali, perciò Tolstoj stesso scelse per sé uno stile alimentare vegetariano e, nell'articolo Il primo gradino, condannò la crudeltà con la quale l'uomo alleva, imprigionandoli e uccidendoli, esseri assai simili a lui - come i maiali e le mucche - solo per il piacere della propria gola. Secondo Tolstoj, giacché l'uomo è il più evoluto fra gli animali, deve prendersi cura degli animali inferiori e del loro benessere, anziché sfruttarli con la violenza.

Molto è stato scritto sul Dio di Tolstoj, cioè su cosa egli intendesse per "Dio", parola utilizzata spesso nei suoi scritti morali. Il Dio di Tolstoj non era un Dio personale e sicuramente non un Dio crudele o vendicativo, ma assomigliava per certi versi alla Sostanza di Spinoza e per altri versi all'Anima del mondo di cui parlavano i filosofi rinascimentali. A volte con "Dio" Tolstoj sembra intendere semplicemente la coscienza umana, altre volte una presenza spirituale al di fuori dell'uomo, ma dalla quale nulla è escluso e di cui l'uomo stesso fa parte, poiché Dio è unione, "Dio è Amore".

 

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Tratto da: Lev Tolstoj. Wikipedia, L'enciclopedia libera.