iIl percorso

 

Guardando negli occhi il cameriere, fermo a tre passi da me, esclamai con forza: “Venga avanti adagio e consegni  lo stampato alla signorina”. Si avvicinò. Potevo quasi sentire il suo respiro irregolare, non riusciva a controllare la tensione. Per mia fortuna invece, gli anni passati sul tatami praticando lo judo, mi avevano insegnato a controllare le emozioni. Questo mi faceva apparire più calmo di quanto in realtà non fossi.

Daniela tese il braccio, si incollò alla mia schiena. Prese il libretto e si scostò arretrando.

“Di che si tratta, Daniela?”.

“E’ un libro in francese. Il titolo significa un cammino verso l’invisibile, simboli dell’Abbazia di Boscodon.  E’ di un certo frate Jean Mansir. Tu hai idea di dove si trovi questo posto e che senso abbia?”.

Feci mente locale: “Si, è in Francia a pochi chilometri da Savins le Lac. Ci sono già stato. Dovrei avere delle foto sul portatile”.

Mi rivolsi a Valerio: “Cosa vuol dire tutto ciò?”. Riferendomi al libretto. “Non lo so. Le giuro che non lo so! Ma la prego, abbassi la pistola!”.

In quel momento mi resi conto che avevo la pistola praticamente appoggiata sul petto del cameriere. La abbassai e istintivamente dissi: “Si. Mi scusi Valerio”.

In certi casi abbassare la guardia può essere un grosso errore, lo sapevo, ma la parte del duro non era la mia parte. Non lo era mai stata. Dopo qualche istante sentii il respiro di Valerio tornare alla normalità. Fece un passo indietro, mi guardò con quei suoi occhi azzurri trasparenti: “Si sente bene?”. Lo chiese con l’aria di chi è realmente preoccupato. Mi appoggiai contro un muretto: “Come sta Carlo?”.

In questa storia c’erano troppe domande, ed io avevo bisogno di risposte. Una soprattutto: “Perché avevo sentito una stretta al cuore quando avevo visto le labbra di Daniela avvicinarsi alle mie? Dove accidenti era Claudia in quel momento?”.

Il cameriere chiese nuovamente “Si sente bene?”.

“Si. Tutto bene Valerio. Stia tranquillo. Ma mi spieghi cosa sta succedendo”. Il detective da telefilm, tipico eroe, stava cedendo il passo allo stanco reporter.

Valerio, visibilmente più rilassato, iniziò a parlare: “Non so molto. Credo che il dottor Bonomi stia bene. Io chiamo il numero di un cerca persone ed è lui a richiamarmi subito dopo. Il numero con cui mi chiama è sempre diverso e, dopo la telefonata, quello stesso numero risulta irraggiungibile. Del libro non so nulla, dovevo consegnarlo a lei e così ho fatto”.

Daniela, leggermente in disparte, aveva iniziato a sfogliare il libretto, ad un certo punto esclamò: “Qui. Guarda  qui! C’è la stella a cinque punte delle Brigate Rosse!”.

Guardai la pagina che mi sventolava davanti al muso e scoppiai a ridere: “Certo tesoro che tu e la simbologia esoterica non andate molto d’accordo. Hai mai sentito parlare del Pentagramma Stellato? E’ il nome che viene dato al pentacolo rappresentato dalla stella a cinque punte. Simboleggia il microcosmo, e spesso, nell’iconografia, si ritrova l’uomo rappresentato graficamente nella stella a cinque punte, a braccia e gambe divaricate. Ricordi l’Uomo vitruviano di Leonardo? Ne è un chiaro esempio”.

Daniela mi rispose con aria scontrosa: “Lavoro per un quotidiano, e non per un giornaletto di oroscopi o ricette magiche!”. Ebbi la chiara sensazione che Valerio cominciasse a divertirsi. Daniela continuò: “Adesso, signor detective, cosa facciamo? E’ lei l’esperto di simbologia a quanto pare”.

Fortunatamente Valerio mi tirò fuori da quella situazione che potrei definire imbarazzante. “Io credo che sia l’indicazione di un percorso. Secondo me dovreste andare  all’Abbazia. Forse Carlo vi sta indicando una via”. Era la prima volta che lo sentivo usare il nome “Carlo” parlando di Bonomi, del “dottor Bonomi”.

“Si penso che lei abbia ragione Valerio”. Daniela aveva preso in mano la situazione . “Domani mattina partiremo per l’Abbaye di Boscodon”.

“Ne è convinta Capitano?”. Credo di aver pronunciato queste parole in tono ironico, perché fui fulminato dallo sguardo della segretaria o, forse, incantato dal sorriso che sfoggiò subito dopo, dicendo: “Hai un idea migliore. Tesoro?”.

Fu Valerio a prendere la parola: “Si è fatto tardi, sono quasi le tre. Se volete potreste dormire a Triora e poi partire domani mattina direttamente da qui. Carlo ha un mini appartamento poco distante da qui. Ho le chiavi e sono convinto che vi ospiterebbe volentieri. L’appartamento è molto piccolo, ma penso che per una notte possa andare bene. Una camera da letto, bagno e cucinino. Veramente delizioso. Il letto è rifatto e pulito, sono io ad occuparmi dell’appartamento”.

Stavo per parlare, la situazione era se non altro imbarazzante, quando Daniela mi prese per mano e disse: “Perfetto Valerio. La ringrazio, se vuole possiamo andare”.

Seguimmo Valerio nel silenzio della notte, passando davanti alla mia Laguna presi lo zaino con l’attrezzatura fotografica ed il portatile. Non mi fidavo. Non avrei mai lasciato tutto quel che possedevo in auto.

Dopo qualche centinaio di metri, Valerio si fermò davanti ad un portoncino. Prese le chiavi dalla tasca ed aprì. Si voltò verso di me e mi consegnò le chiavi dicendo: “Domani mattina dalle otto e trenta sarò al ristorante. Potete entrare dalla porta posteriore. Passate pure per la colazione quando volete. Vi auguro la buonanotte”.

Daniela salutò e salì le scale che conducevano alla camera da letto.

Guardai il cameriere: “Tre cose Valerio: la pistola è ad aria compressa, difficile da immaginare, ma è cosi; la seconda è che dovrebbe migliorare la scelta dei tempi nell’entrare in scena, credo sappia a cosa mi riferisco; la terza: semplicemente grazie”.

Sorrise, mi strinse la mano che nel frattempo gli avevo teso e, senza dire nulla, si allontanò. Lasciandomi da solo con Daniela, le mie paure ed i miei fantasmi.