L'inizio di un viaggio...

 

Usciti da Torino, Daniela si rilassò. Il primo impatto con il mio modo di guidare non era stato dei migliori. Non ritenevo fosse il caso di spiegargli che mi ero distratto guardando quel suo incantevole sorriso.

Durante il viaggio cogliemmo l’occasione per conoscerci, almeno sommariamente.  Mi raccontò che si era laureata in giurisprudenza, il caso e la necessità di lavorare l’avevano portata, pochi mesi dopo la laurea, al giornale dove ancora oggi lavorava. Certo, mi disse, non era il massimo. Non c’erano grandi soddisfazioni professionali, ma con Bonomi si era sempre trovata bene, mai una parola o un gesto fuori posto, insomma un vero gentiluomo.

Mi domandò se nella vita avevo sempre fatto il reporter. Ovviamente risposi di no e le raccontai sinteticamente la mia vita professionale. Una splendida carriera, fino a raggiungere l’apice e poi improvviso il crollo, il problema di sopravvivere e cosi via.

Con il passare del tempo ci ritrovammo a parlare delle nostre vite sentimentali. Scoprimmo di avere in comune una strana propensione per le “storie” sbagliate.

Fu il navigatore satellitare a ricordarci che il nostro non era un viaggio di piacere, annunciandoci che dopo tre chilometri avremmo dovuto lasciare l’autostrada. Il tempo era volato.

Poco dopo aver passato il casello autostradale di Arma di Taggia, Daniela mi chiese: “Cosa pensi di fare una volta arrivati a Triora?”.

“Non vorrei turbarti, ma non ne ho idea, Questa è la prima volta che mi trovo a recitare la parte del detective privato. Ed in fondo lo devo a te Daniela.”. Era splendida quando sorrideva. “L’unica cosa che possiamo fare è tornare nel locale dove martedì sera ho cenato con Bonomi. Poi vedremo quel che succede e decideremo di conseguenza”.

Parcheggiammo la macchina nei pressi del ristorante, presi lo zaino con l’attrezzatura fotografica e insieme a Daniela ci avviammo verso il locale.

Appena varcata la soglia della trattoria decisi di recitare la parte dell’investigatore navigato. Vidi il cameriere venirci incontro, non gli diedi il tempo di parlare: “Buonasera Valerio, vorremmo cenare. Dovrebbe raggiungerci anche il dottor Bonomi”. Non attesi la sua risposta, presi Daniela sotto braccio e raggiunsi un tavolo affianco ad una finestra. Almeno questa volta avrei cenato godendomi il panorama.

Una volta fatta accomodare Daniela presi posto di fronte a lei. La sentii dire sottovoce: “Ottima scena tenente! E adesso cosa farai?”. Non ebbi il tempo di risponderle. Il cameriere si presentò al tavolo chiedendoci se gradivamo un aperitivo. Guardai Daniela ed ordinai due calici di Riesling, che non tardarono ad arrivare.

Mentre bevevamo il nostro aperitivo cercando di mantenere un’aria distesa, notai che Valerio parlava al telefono. Poco dopo aver terminato la  telefonata, raggiunse il nostro tavolo, in verità l’unico ad essere occupato. Disse “Credo che il dottor Bonomi questa sera non potrà raggiungervi. Se volete ordinare?”

Incontrai lo sguardo interrogativo di Daniela e con tono disteso le chiesi cosa desiderasse per cena. Optammo per un antipasto a base di carciofi e per la tagliata di manzo, saltando il primo. Sul vino Daniela non aveva preferenze, così dopo aver scorso rapidamente la lista dei vini optai per un Azord di Scagliola.

Appena il cameriere si fu allontanato dal tavolo la mia ospite accennò a quanto detto dal cameriere, la bloccai immediatamente con una frase che stava diventando tipica del posto: “Non qui e non adesso tesoro!”. Il “tesoro” mi sfuggì senza volerlo.

Durante la cena, mentre facevo mentalmente una serie di ipotesi sulla telefonata effettuata dal cameriere, dovetti fare uno sforzo non indifferente per frenare Daniela. Non volevo parlare lì dentro, davanti a Valerio. Meno sapeva e più possibilità avevamo di giocarci la prossima mossa. Anche se in realtà non avevo idea di quale sarebbe stata.

Finita la nostra cena uscimmo dal locale ed andammo alla macchina. Posai lo zaino nel portabagagli, presi la pistola e la infilai dietro la schiena sfruttando la cintura dei pantaloni. Cercai di compiere tale operazione con rapidità per non farmi notare da Daniela. Quindi le chiesi se aveva voglia di fare due passi. Mi rispose di si e aggiunse: “Giri sempre armato?”. Cercai di cavarmela con una battuta: “No, solo il venerdì sera”.

Iniziammo a camminare per il paese che, alle ventitré e quaranta appariva deserto.

Ebbi la sensazione che qualcuno ci stesse seguendo, ma attribuii tale sensazione alla tensione della giornata.

Accennai a Daniela le ipotesi che avevo valutato durante la cena: “Credo ci siano due possibilità, o il cameriere ha parlato con Bonomi e per farlo deve avere un recapito telefonico diverso dai nostri, oppure ha parlato con chi tiene in custodia Carlo”.

Lei non fiatava, seguiva con attenzione quello che stavo dicendo e ogni tanto annuiva con il capo. “Nel primo caso Bonomi sta bene e molto probabilmente si sta nascondendo da qualcosa o da qualcuno. Nel secondo caso, invece, la cosa è più complessa perché ci troveremmo di fronte ad un probabile sequestro di persona”.

“Pensi di avvisare la polizia?”. Fu la domanda di Daniela.

“No, ci prenderebbero per dei visionari. Dobbiamo avere qualche elemento concreto, anche se onestamente non riesco ad immaginare cosa fare per procurarcelo”.

Parlando avevamo quasi raggiunto la fine del paese, trovandoci su un piccolo belvedere. Restai qualche istante in silenzio. Daniela disse “Ho freddo”. Istintivamente le cinsi le spalle con il braccio, la sentii stringersi a me, feci un mezzo giro su me stesso e mi ritrovai di fronte a lei. Vidi le sue labbra che si avvicinavano alle mie. Era bellissima.

Improvvisamente, nel silenzio della notte, sentii rotolare un sasso, con la coda dell’occhio vidi sbucare da dietro un angolo Valerio. Spostai con forza Daniela dietro di me, tirai fuori la pistola, tolsi la sicura e la puntai contro il cameriere. Anche se riuscivo a tenere il braccio teso e fermo i miei battiti cardiaci ricordavano il galoppo di un cavallo selvaggio.

Sentii gridare: “Non spari! La prego!”. Fortunatamente il cameriere era più spaventato di me.

Abbassai la pistola e cercai di controllare la respirazione. Daniela alle mie spalle era immobile.

“Devo consegnarle una cosa da parte del dottor Bonomi. La lascio qui per terra e vado via”. Rialzai il braccio, puntando nuovamente la pistola: “Venga avanti lentamente Valerio. Se sta tranquillo non le succederà niente”. Pensai se tenta di fare qualcosa la pistola gliela tiro addosso, magari gli faccio più male che sparandogli.

Il cameriere giunse a pochi passi da noi e si bloccò, mi tese una specie di fascicolo stampato, in francese. Riconobbi l'immagine in copertina, si trattava dell’Abbaye de Boscodon.