La cena

 

Alle 19,30 in punto suonò il citofono. Bonomi era preciso come un orologio svizzero. Risposi mentre indossavo il mio giaccone e comunicai che sarei sceso.

Uscendo dal portone vidi che il direttore era già risalito in macchina. Una smagliante Alfa 166, blu ministeriale. La tentazione di salire dietro fu forte, già m’immaginavo nei panni del Sottosegretario, ma pensai che dovevo pagare l’affitto, così optai per il posto affianco al conducente.

Entrato in macchina salutai: “Buonasera Direttore”. La risposta fu: “Mi chiami Carlo, possiamo anche darci del tu, non trovi Renato?”. Il direttore stava scivolando su una china pericolosa: quella della confidenza. Non avevo scelta e così allacciando la cintura di sicurezza dissi “Certamente, Carlo”.

Dopo aver preso Corso Unità d’Italia imboccammo la “A6”, in direzione di Savona. Bonomi mi comunicò che ci sarebbero volute circa due ore. La macchina era comoda e spaziosa. Ascoltando la musica di sottofondo riconobbi immediatamente Miles Davis, nel lettore CD stava andando uno dei miei dischi preferiti: “Ascenseur Pour L'Echafaud”.

Per buona parte del viaggio, Carlo ed io, parlammo di jazz ed in particolare di Miles. Nonostante non avessi in simpatia il direttore, la conversazione fu piacevole, così come lo scoprire che era un appassionato di jazz, tra l’altro si mostrò piuttosto competente.

Arrivati verso Savona domandai cosa sapesse di Triora. Mi disse che si trattava di un piccolo borgo medievale, collocato sopra Arma di Taggia. Lo definì: ”Caratteristico”. Gli chiesi perché era noto come il paese delle streghe. La sua risposta mi sembrò un testo recitato a memoria: “La nomea del paese si deve ad un processo del 1587. Il processo vide come protagonista il Commissario straordinario della Repubblica di Genova: Giulio Scribani. Si concluse nel 1589 con la condanna a morte di cinque donne. La pena capitale fu eseguita alla Cabotina altrimenti nota come la casa delle streghe”.

“Nulla da eccepire, ma queste cose le conosco già. Si possono leggere ovunque”. Lasciai passare qualche istante ed aggiunsi: “Come mai hai deciso di cenare proprio a Triora, sempre se non sono indiscreto?”. La risposta non si fece attendere: “Lo è!”, quelle due parole pronunciate con tono fermo, e l’improvviso ritorno al Lei, non lasciavano la possibilità di continuare a porre domande. Compresi che il direttore considerava chiusa la nostra breve disquisizione su Triora. Il resto del viaggio si tenne in un mesto silenzio, rotto esclusivamente dai meravigliosi suoni emessi dalla tromba di Miles.

Arrivammo alle ventuno e venticinque, perfettamente in linea con quanto previsto da Bonomi.

Entrando nel locale fummo accolti da un cameriere, la cui età si aggirava fra i quaranta ed i quarantacinque anni, leggermente brizzolato, ma quello che mi colpì fu il colore dei suoi occhi: un azzurro quasi trasparente.

“Buonasera dottor Bonomi. La stavamo aspettando”.  La risposta del direttore fu immediata: “Buonasera Valerio”, e senza aggiungere altro si avviò verso un tavolo piuttosto appartato, distante dalle finestre, che affacciavano su una vallata di rara bellezza. Da tali comportamenti dedussi che il direttore era di casa in quel locale, non solo, Bonomi appariva terribilmente teso. Da quando avevo accennato a domandare notizie su Triora si era irrigidito, forse avevo toccato un punto dolente, ma quale? E perché?

Notai, cosa che non avevo fatto prima, che Carlo aveva portato con se la sua elegantissima cartella in cuoio, immaginai che avesse deciso di mostrarmi qualcosa durante la cena. Io avevo con me la busta, rigorosamente in cartoncino, con le due foto che, al momento opportuno, gli avrei mostrato.

Fortunatamente, al momento di ordinare la cena, il silenzio fra noi fu interrotto. Cominciavo a sentirmi a disagio, ed il fatto di essere senza macchina ed a due ore da casa non mi permetteva vie di fuga.

Bonomi diede per scontato che io bevessi vino, mi propose un Barbera d’Alba superiore di Matteo Correggia, in particolare un Marun del 2004, un tre bicchieri, vino dalle grandi doti. Condivisi con piacere la sua scelta. Dopo aver ordinato della carne cruda, dei ravioles della Val Varaita e per concludere del brasato al Barolo, iniziammo un’interessante discussione sul vino.

Quell’uomo, sempre serio, con l’aria da dirigente pubblico, mi stava sorprendendo. Prima il jazz ed adesso il vino, mi chiesi se alla fine della cena avremmo discusso anche di grappa.

La cena proseguì su toni distesi, non volevo incalzare Bonomi con le mie domande, ma con il passare del tempo, la curiosità sul perché di quella cena andava aumentando. Pensai che forse avrei potuto mostrargli le foto, magari Carlo avrebbe colto l’occasione per iniziare a parlare.

Colsi al volo una breve pausa nel discorso sul vino, per prendere le foto dalla sedia accanto, e dissi con aria professionale: “Ho portato due foto da mostrarti, riguardo al reportage sulla Torino magica”. Gli allungai la busta con le foto, la aprì rapidamente ed iniziò ad osservare con attenzione le foto. Mi chiese con voce tranquilla: “Posso tenerle?” Risposi affermativamente, ed il direttore ripose le foto nella sua cartella. Poi mi lasciò sconvolto: “Domani puoi passare in amministrazione, dopo le dieci, per ritirare un acconto sul servizio. Penso che seimila euro per iniziare possano andar bene. Sei d’accordo?”

Seimila euro? Era solo un anticipo per iniziare? Avrei voluto porre delle domande, cercare di capire perché una cifra così elevata, cosa mi stava nascondendo Bonomi? Ma il mio pensiero andò immediatamente all’affitto da pagare ed oltre ad assentire, non posi alcuna questione, ero troppo sorpreso.

Bonomi aggiunse: “Continua su questa strada”, alludendo alle foto, “ma cerca di stare attento, è un terreno difficile da percorrere”. Al mio accenno di parlare mi interruppe prontamente, continuando: “Avremo altre occasioni di parlare, non stasera e non qui, ora direi che prima di riprendere la via del ritorno potremmo sorseggiare un buon bicchiere di grappa”. Bene avremmo avuto un tema su cui discutere durante il viaggio di ritorno.

In linea con la mia previsione durante il viaggio di ritorno, la discussione ebbe come filo conduttore i profumi ed i sapori della grappa con le sue varie sfumature.

Il direttore mi lasciò sotto casa intorno alle due del mattino. Ovviamente con una serie di domande che continuavano ad attendere una risposta, ma fortunatamente ero stanco e non tardai a prendere sonno.