iLa notizia...

 

La mattina mi svegliai prestissimo, dalla finestra filtrava una tenue luce. Daniela al mio fianco dormiva, era immobile, il respiro regolare di chi sta riposando serenamente. 

Provai un pizzico di invidia nei suoi confronti, non avrei voluto svegliarmi per primo. Sapevo fin dalla sera prima che al risveglio i miei fantasmi, i miei problemi, sarebbero stati lì presenti, ad attendermi, come ogni mattina.

Claudia, il lavoro, o meglio la necessità di guadagnare per sopravvivere, ed in più, adesso, c’era anche un viaggio. Un viaggio che non sapevo dove mi avrebbe portato. Un viaggio che non avevo scelto io di intraprendere. Un viaggio che comunque ora avrei dovuto fare.

Mi alzai dal letto cercando di non fare rumore. Indossai i jeans ed il mio maglione di cotone. Lentamente aprii la finestra in modo da non far cigolare i cardini. Uscii sul piccolo terrazzo richiudendomi la finestra alle spalle.

Di fronte a me il piccolo lago appariva immerso in una lieve foschia. L’aria fresca del primo mattino avvolgendomi cercò di regalarmi un risveglio pieno di sensazioni naturali. Era il ritorno al mondo cosciente dopo il sonno. Accesi una sigaretta e rimasi appoggiato alla ringhiera del balcone ad osservare lo specchio d’acqua in cui si rifletteva, lievemente sfumato, l’hotel dove ci trovavamo io e Daniela. Solo una cosa, forse a causa del colore rosso intenso, mi appariva estremamente nitida: le croci templari dipinte al di sopra delle finestre.

Mentre riflettevo su quelle immagini sentii il suono del telefono che mi avvisava dell’arrivo di un messaggio. Rientrai rapidamente nella speranza che Daniela non si fosse svegliata. Afferrai il cellulare e, proprio mentre leggevo il mittente, sentii la voce ancora impastata dal sonno di Daniela: “Chi è?”.

Risposi: “E’ Valerio che scrive, chiede di richiamarlo appena possibile”. Daniela mi domandò: “Ma che ore sono?”. “Sono le sette e venti, tesoro”.

Daniela si avvolse nella coperta: “Perché non chiudi la finestra?”. Nella fretta di rientrare l’avevo lasciata spalancata e l’aria fredda del mattino aveva iniziato ad impadronirsi della stanza. Chiusi la finestra e mi poggiai sul letto.

“Credo sia il caso di chiamare Valerio. Probabilmente sarà preoccupato visto che ieri sera non ha avuto nostre notizie”.

Daniela si tirò su sedendosi sul letto, scoprendo le spalle ed i piccoli seni: “Lì fuori stavi pensando a Claudia, vero?”. Perché quella donna riusciva ad entrare nei miei pensieri, o forse la cosa era talmente ovvia che si era limitata a dire quello che chiunque, dopo il racconto della sera precedente, avrebbe potuto immaginare.

“Vedi Renato, non sei l’unico ad aver amato, è successo a tutti noi. Quello che hai provato per Claudia deve essere stato importante per te, ma la vita è fatta così, ci si innamora, a volte si soffre, a volte si fa soffrire. Ma la cosa fondamentale, quello che ci salva, è che poi con il tempo si dimentica. Ci si fa una ragione e si ricomincia. L’importante è avere la capacità di continuare a sognare per poter ricominciare”.

“Non mi sono mai arrogato il diritto di essere l’unico ad aver amato, Daniela!”. Mi resi conto che aveva ragione. Il tono della mia risposta non faceva altro che confermare quel che diceva. “Scusami, non volevo risponderti male. Mi perdoni?”.

Sorridendo mi accarezzò il viso: “Come potrei non farlo? Sei il mio detective preferito. Te ne sarai reso conto, spero”.

Mi avvicinai e la baciai sulle labbra, mi attirò verso di lei e prolungò quel bacio affettuoso, trasformandolo in un bacio carico di sentimenti e dolci sensazioni.

Quando ci separammo, dissi nuovamente che era il caso di chiamare Valerio. Questa volta non le diedi il tempo di ribattere, presi il telefono dal comodino e dopo aver cercato il numero di Valerio sulla rubrica del cellulare feci partire la chiamata.

La risposta non si fece attendere: “Pronto come sta?”. “Io bene Valerio e lei?”. Il cameriere dall’altra parte sembrava esageratamente teso. “La signorina Daniela è ancora con Lei?”. La domanda era perlomeno indiscreta e lo feci notare, poi aggiunsi:

“Forse potremmo darci del tu, non trovi?”. La frase mi ricordava tanto quella di Bonomi, pronunciata da Carlo la sera della nostra cena a Triora.

“Si certamente”. Le risposte di Valerio erano molto concise, ed il suo tono di voce appariva agitato, tutto ciò non poteva essere dovuto solo al fatto che la sera prima avevo dimenticato di chiamarlo.

“Cosa succede Valerio, qualcosa non va? Ci sono delle novità su Carlo?”. Questa volta la risposta si fece attendere qualche istante: “No, Carlo sta bene. L’ho sentito ieri sera al telefono, una chiamata molto breve, ma credo sia tutto a posto. Però una cosa è successa”. Fece nuovamente una pausa: “Ieri sera hanno trovato una donna impiccata nel bosco dietro l’abbazia di Boscodon. L’ha trovata un frate che passeggiava nelle vicinanze”.

“Cristo!”. Mormorai, non ero abituato a bestemmiare, ma l’esclamazione mi uscì spontanea. “Chi è?”

“Una certa professoressa Dubois, una donna di mezza età, doveva avere circa sessant’anni”.

Riflettei solo un istante: “Come l’hai saputo Valerio?” Per saperlo a quell’ora del mattino dubitavo lo avesse potuto leggere sul giornale, e volevo sapere da dove arrivava la notizia. Questa volta la risposta si fece attendere più del dovuto: “Alla radio. L’hanno detto questa mattina alla radio. La accendo sempre appena sveglio”.

La risposta era se non altro poco credibile, ma non insistetti, tanto non sarei riuscito a sapere altro da Valerio. Daniela rimaneva in silenzio ma mi guardava con aria interrogativa. Salutai Valerio con un “Ci sentiamo più tardi, se hai qualche novità chiama immediatamente, evitando di mandare sms”. Salutò, ribadendo che gli avevo chiesto io di migliorare i suoi tempi nell’entrare in scena. Era vero.

Appena ebbi chiuso la conversazione Daniela mi domandò “Cosa succede?”.

Non sapevo come dirle quello che Valerio mi aveva appena comunicato, ma decisi che era inutile cercare un modo per non turbarla, la notizia era quella e non c’era modo di presentarla in  modo diverso da quello che era. Le feci un breve riassunto della conversazione con Valerio. “Dobbiamo uscire velocemente e trovare un giornale Dani, Se siamo fortunati c’è la fotografia della professoressa… Non ricordo come si chiama, un cognome francese immagino”.

Daniela mi guardò con aria preoccupata: “Qui un giornale dove lo troviamo Renato? Soprattutto un quotidiano francese. Non è meglio se ti colleghi ad internet?”.

Era vero, avevo il portatile nella Laguna ed attraverso il cellulare potevo collegarmi e fare una ricerca in rete. “Si hai ragione, scendo a prendere il PC in macchina e torno immediatamente”.

Aprii la porta della camera e sentii la voce di Daniela: “Credo sarebbe meglio se tu mettessi le scarpe”.

Aveva ragione, nella fretta avevo dimenticato di indossare le scarpe. Le misi e velocemente scesi le scale diretto all’automobile. Pochi istanti dopo ero nuovamente in camera. Il tempo di accendere il PC e di entrare in rete ed iniziai a cercare sui quotidiani italiani, Ma su nessuno trovai la notizia, solo La Stampa riportava un breve trafiletto, che non aggiungeva molto a quanto detto da Valerio.

Su suggerimento di Daniela lanciai una ricerca con Google: “quotidiani francesi provenza”.  Iniziai a sfogliare le pagine on line di “La provence” con l’aiuto di Daniela e del suo francese. Dopo un poco che navigavamo trovammo l’articolo che cercavamo.

L’articolo parlava del ritrovamento della professoressa Arielle Dubois, da parte di un frate dell’Abbaye de Boscodon. La donna era stata ritrovata impiccata ad un albero. Al momento la polizia francese non aveva formulato alcuna ipotesi. Nella seconda parte dell’articolo vi erano alcune brevi note sulla professoressa. Insegnava presso il Département de Sociologie-Ethnologie dell’università di Nizza. Poche altre notizie utili, ma al fondo dell’articolo era riportata una fotografia in formato tessera della professoressa, molto probabilmente quella della carta d’identità o del badge universitario, non era recentissima.

Con Daniela ci guardammo rapidamente. Non vi erano dubbi, si trattava della vecchia mendicante che aveva pronunciato la strana frase all’ingresso del parcheggio dell’abbazia.

Fu Daniela la prima a parlare: “Cosa pensi di fare adesso? Andrai alla polizia?”.

“No, non credo. Ma ora voglio scoprire cosa sta succedendo. Ora qualcuno deve spiegarmi in che gioco sono finito!”.

Ripresi il telefono e chiamai Valerio: “Pronto Valerio, dobbiamo vederci quanto prima, ho necessità di parlare con te e di avere delle risposte questa volta!”.

La risposta arrivò immediata: “Si, dobbiamo vederci. Ieri pomeriggio ho ricevuto via corriere un plico da consegnarti, lo manda Carlo. Verrò io a Torino mercoledì pomeriggio. Il ristorante è chiuso. Preferirei ci incontrassimo in un posto non molto frequentato”.

“D’accordo, sentiamoci durante la mattinata per decidere dove vederci”.

Riagganciai e dissi a Daniela: “Ora credo sia il caso di prepararci e rientrare a Torino, ho molto lavoro da fare se voglio cominciare a dipanare questa strana matassa”.

Si alzò dal letto: “Abbiamo molto lavoro da fare. Io sono al tuo fianco, almeno in questo viaggio. Ricordatelo”.