Le rune

 

Arrivato a casa mi resi conto che la caviglia si stava gonfiando, così rinunciai a cercare il vecchio libro sulle rune e mi sdraiai sul letto rendendomi conto che negli ultimi mesi avevo perso l’abitudine di rifarlo prima di uscire.

In realtà erano molte le buone abitudini che avevo perso da quando le notti passate con Claudia erano diventate un evento sempre più raro.

Mentre riflettevo su tale fatto, quasi istintivamente misi una mano in tasca ed estrassi la runa responsabile del gonfiore alla mia caviglia.

Continuavo a rigirarmela fra le mani e ad osservarla, al di là dell’inconfondibile segno R. La pietra su cui era stata incisa aveva una strana forma, non riuscivo a definirla, sembrava un ciottolo romboidale, anzi a dire il vero sembrava un piccolo aquilone così spesso che non avrebbe mai volato.

A fatica mi alzai dal letto, il dolore diventava sempre più acuto, ma nonostante ciò, mi misi alla ricerca del libro. Impresa non agevole considerando gli oltre duemila volumi della mia personalissima biblioteca, anch’essa disordinata come la mia vita.

Il caso volle che, prima di trovare il tomo incriminato, dono di mia madre, una vecchia signora appassionata di esoterismo, incappassi in un altro testo che non ricordavo di possedere: “La verità delle Rune”.

Potevo passare l’intera nottata a documentarmi su quello strano sasso istoriato responsabile del mio recentissimo dolore fisico.

Si dice che spesso quando l’uomo ha dei problemi tenda ad appoggiarsi in ultima istanza al sovrannaturale. Non era il mio caso. Non che non avessi dei problemi ma riguardo al sovrannaturale la mia era pura e semplice curiosità.

Dopo una decina di minuti trovai il volume che cercavo e ripresi posto sul letto. Non ricordavo le poche righe scritte a mo’ di dedica da mia madre:

“Al mio piccolo scettico, un giorno lo leggerai con uno spirito differente. Inciampare nelle prove della vita rende malleabile anche il più tenace degli scettici. Tua madre. 24 dicembre 1977”.

Sorrisi pensando che lo “scettico” era sì inciampato, la mia gamba gonfia era una prova inconfutabile, ma in questo caso su di una runa. Difficile definirla “una prova della vita”.

L’inizio del libro fu un pugno allo stomaco. La prima runa “UR”, il grande vuoto primordiale, mi riportò istantaneamente all’immenso vuoto che stava lasciando in me Claudia da quando, senza spiegazioni, aveva cominciato ad allontanarsi.

Superato lo sgomento del primo momento decisi di cercare direttamente la runa con la R, senza indulgere in letture che potevano agganciarsi al mio recente passato.

La trovai subito, trattandosi della quarta runa, secondo il sistema Uthark, e come ricordavo si trattava proprio di “Reid”.

Cominciai a saltellare da un capitolo all’altro alla ricerca delle informazioni sulla runa, che volente o nolente, si era posta sul mio cammino, ostacolando la mia prima visita alla chiesa della Gran Madre.

Dovevo rileggere qualcosa anche sulla chiesa. “La Torino Magica”, per quale motivo il direttore era interessato ad un reportage così scontato?.

“Reid è la forza della direzione e del movimento. È la forza che spinge il Sole…”. La descrizione del significato della mia runa iniziava con queste parole.

Continuando a leggere, trovai una lunga serie di informazioni, come ad esempio il legame simbolico con la quercia e la sua capacità di aiutare ad espandere la coscienza e a dare giudizi equilibrati e così via.

Passai al secondo testo e con sorpresa scoprii che per l’autore Reid, la mia runa, era la quinta nell’ordine. Chiusi immediatamente il libro. Il mio “sassolino” non poteva essere retrocesso quinto in classifica in pochi istanti, decisi di conservare il quarto posto. Pur sempre una posizione onorevole anche se non da podio.

D’accordo, prima o poi il mio essere scettico si sarebbe ammorbidito, ma non ora, la caviglia stava lievitando e forse era utile un po’ di sano pragmatismo occupandosi di lei con una buona pomata. In fondo un fotografo claudicante aveva poche possibilità di fare un buon reportage, magico o meno.

Riaccesi i telefoni, che avevo spento accingendomi ad entrare in chiesa. Dopo pochi istanti un sms mi segnalò che avevo un nuovo messaggio in segreteria. Incuriosito, sperando fosse Claudia, composi il numero del centro messaggi. Fu una delusione e al contempo una sorpresa. Sentii una voce maschile che recitava: “Buonasera, sono Bonomi. Che ne direbbe di vederci a cena domani sera? Conosco un ottimo locale a Triora, più o meno a due ore di macchina. Devo parlarle, lasci il suo indirizzo alla mia assistente. Passo a prenderla alle diciannove e trenta”.

Era il direttore del giornale, avrei potuto non chiamare ma decisi di farlo e quindi lasciai il mio indirizzo all’assistente. Mentre cercavo di ricordare dove avevo già sentito parlare di Triora, mi addormentai.