...Torino

La mattina del martedì fui svegliato dal suono del telefonino che squillava insistentemente. Mormorai il solito “Pronto…” con voce assonnata. Dall’altra parte la voce di Daniela mi comunicò che erano le dieci del mattino e che, se intendevo essere a Torino per l’ora di cena, forse era giunto il momento di alzarmi.

Chiusa la comunicazione decisi che Daniela aveva ragione. Era giunto il momento di tirarmi fuori dal letto. Sembrava che mia madre fosse in attesa di una qualsiasi scusa per aprire la porta della stanza e presentarsi con il caffè. Dalla temperatura dello stesso dedussi fosse stato preparato intorno alle otto del mattino e, probabilmente,  riscaldato almeno quattro volte nell’attesa di un mio segno di vita.

Dopo aver bevuto il caffè, accesi una sigaretta e scambiai quattro chiacchiere con mia madre, che mi comunicò di aver preparato alcuni libri, che dovevo assolutamente leggere. I nomi degli  autori, che la mia genitrice snocciolava uno di seguito all’altro, come se fossero le persone più note del pianeta, non mi dicevano assolutamente nulla. Fino a quando non arrivo un nome inaspettato: “Arielle Dubois”.

Fu come una doccia fredda: ”La professoressa ha scritto dei libri?”.

“Si certo, la conosci?”. Non sapevo cosa rispondere. Il giorno prima avevo omesso volutamente le notizie riguardanti la mendicante, poi rivelatasi una professoressa universitaria, ed allo stato attuale un morto in attesa di sepoltura.

“No, assolutamente”. Non si poteva certo dire che la conoscessi. “Devo aver letto qualcosa su internet in cui compariva il suo nome. Che genere di libri ha scritto?”.

Mia madre mi scrutò con aria perplessa e, quindi, riprese a parlare: “è un’esperta di simbologia, ha scritto alcuni libri piuttosto interessanti sull’uso dei simboli esoterici nella storia. In particolare sui simboli templari, quelli massonici e ovviamente su quelli utilizzati nel corso dei secoli dalla chiesa cattolica. Molto interessanti sono i legami che, a suo giudizio, esistono fra queste tre entità”.

La cosa cominciava a farsi interessante: “Hai qualche suo testo da prestarmi?”.

“No. Purtroppo i suoi libri non sono mai stati tradotti in italiano, ma penso che su internet potresti trovare qualcosa”.

Mi tirai fuori dal letto. Volevo fare una doccia, prepararmi e ripartire in direzione di casa. Una volta in macchina avrei potuto chiamare Daniela e parlarle tranquillamente senza destare la curiosità di mia madre. Era necessario girare in rete e recuperare informazioni sulla Dubois e, magari con un poco di fortuna, qualcuno dei suoi testi. Da casa mia, navigando per mezzo del cellulare, avrei impiegato molto tempo al contrario di Dani che poteva collegarsi dalla redazione con linee sicuramente più veloci.

Questa volta, al contrario del giorno prima, fu una doccia molto rapida. Mi rivestii velocemente e, salutata mia madre, raggiunsi la mia Laguna che, come sempre, impiegò qualche istante prima di far rombare il vecchio motore.

Avrei voluto passare per il centro, dare un ultimo sguardo alla città eterna godendo delle sue bellezze che per quasi quarant’anni avevano fatto da sfondo alla mia vita, ma ora avevo fretta di tornare a casa. Optai per la via Cassia, la strada più rapida per raggiungere il raccordo anulare e da lì iniziare il viaggio di ritorno.

Per arrivare sulla Cassia non potei fare a meno di transitare davanti a Ponte Milvio, quello che da noi romani è affettuosamente chiamato “Ponte Mollo”. Buona parte della mia giovinezza si era svolta nelle vicinanze di quel vecchio ponte. Ma considerando i pensieri che continuavano ad affollare la mia testa fu naturale pensare al fatto che proprio su quel ponte avvenne la conversione al cristianesimo di Costantino, il quale prima della battaglia con Massenzio, svoltasi nel 312 d.C., ebbe una visione e fece dipingere la croce sulle divise dei propri soldati. Proprio da tal fatto deriva la nota frase “in hoc signo vinces” e cioè: “con questo segno vincerai”.

Appena lasciata la città collegai l’auricolare e chiamai Daniela: “Ciao tesoro, sono partito da pochi minuti e penso di arrivare fra le diciotto e trenta e le diciannove”. La risposta arrivò nel momento esatto in cui terminai la frase: “Ottimo, ho il tempo di fare la spesa, passare da casa a cambiarmi e poi venire da te”.

“Dovresti fare un lavoro per me Dani. Raccogliere più informazioni possibili sulla Dubois e, se ci riesci, sui libri che ha scritto. Stampare il tutto e portarlo questa sera quando ci vediamo. Credo che potremmo scoprire delle cose interessanti. E con il tuo splendido francese possiamo lavorare anche sui testi in lingua originale”.

Daniela non sembrò molto entusiasta del programma che stavo ipotizzando per la serata: “Va bene farò delle ricerche su internet, ma vedremo il tutto domani. Questa sera voglio passare una tranquilla serata di relax, quattro chiacchiere, magari porto un film da vedere insieme dopo cena”.

I miei piani stavano saltando: “Domani piccola devo incontrare Valerio e temo che non riusciremo a vederci”.

Le mie ragioni non scalfirono minimamente le idee di “miss tailleur”: “Motivo in più per passare una serata tranquilla mettendo da parte i tuoi misteri. Avrò più tempo per fare le ricerche sulla professoressa ed un’ottima scusa per vederti giovedì sera, tesoro!”.

Non mi rimaneva che trattare la resa: “D’accordo hai vinto per questa volta. Ma a due condizioni: cena a base di pesce, ovviamente cucini tu, e niente film con storie di cavalieri. Va bene?”.

“Peccato avevo pensato di portare il film “Il tesoro dei templari”. Al telefono si udì nitida la sua splendida risata. “Chiamami appena arrivi a Torino, tesoro!”.

Dopo aver salutato Daniela mi concentrai sulla guida, un po’ per non continuare a pensare a quello che Dani aveva definito i “miei misteri”, un po’ perché volevo arrivare all’ora prevista ed avere il tempo per rifare il letto e magari darmi una rinfrescata.

Il viaggio proseguì tranquillamente. Mi concessi una sosta per mangiare il solito panino, un “icaro”, il pasto che tradizionalmente consumavo in autogrill nel corso dei miei viaggi di andata e ritorno da e verso Roma. Inoltre approfittai della sosta per svolgere le ovvie funzioni fisiologiche.

Entrai a Torino alle diciotto e cinquanta, chiamai immediatamente Daniela, la trovai che era in un supermercato impegnata nella ricerca di qualcosa di semplice e rapido da cucinare a base di pesce. Era ancora indecisa fra il preparare degli spaghetti con le vongole e successivamente dei gamberoni alla piastra o in alternativa un branzino, ovviamente di allevamento, preparato al forno con le patate. Suggerii la prima soluzione, mi piace moltissimo il branzino ma adoro i gamberoni. Apprese le mie preferenze Dani mi disse che avrebbe richiamato non appena a casa. Pensava di arrivare da me verso le ventuno, avremmo cenato secondo le usanze romane.

Avevo il tempo necessario per svuotare la valigia, scaricare la posta, rifare il letto e riposarmi un poco dopo una lunga e ristoratrice doccia.

Daniela arrivò alle ventuno in punto. Aveva la stessa identica precisione oraria del suo direttore. Appena entrata dentro casa mi stampò un bacio su una guancia. Posò le buste della spesa in cucina e mi consegnò una busta piuttosto voluminosa e sigillata.

“Qui dentro c’è tutto quello che ho trovato questo pomeriggio sulla Dubois. Credo ci siano delle cose che possono interessarci, ma ricorda la apriamo giovedì sera. Ho portato un film delizioso per il dopo cena: Excalibur. Lo hai già visto?”.

“Cosa? Eravamo d’accordo, niente cavalieri o cose simili. E tu porti proprio Excalibur, tesoro!”.

“Sei unico! Quando fingi di arrabbiarti ti adoro”. Non fingevo, ma poi compresi che era lei a giocare. Probabilmente non avremmo visto alcun film, pensai che la serata poteva prendere una splendida ed inattesa direzione.

Mi sbagliavo. Dopo aver consumato la cena, il cui unico difetto fu la pasta leggermente troppo cotta, Daniela si spostò in salotto mostrando le sue deliziose gambe, coperte da una gonna poco al di sopra del ginocchio. Mi chiese: “Che film guardiamo?”.

Cercando di sfoderare il mio fascino perduto domandai: “Dobbiamo proprio guardare la televisione amore?”.

“Temo di si, detective! Sai noi donne una volta al mese abbiamo un fermo biologico, ne hai mai sentito parlare?”. Scoppiò a ridere. Dopo aver gustato appieno il suo splendido sorriso, optai per un film di animazione che adoravo: “Alla ricerca di Nemo”. Avuta l’approvazione di Daniela, anche se a malincuore, feci partire il dvd e mi concentrai sul film.

La serata passò tranquilla commentando il film. Intorno alla mezzanotte, mentre andavano i titoli di coda, la meravigliosa segretaria mi comunicò che era ora di tornare a casa. La accompagnai alla porta e, senza dir nulla l’abbracciai, cercai le sue labbra e la baciai.

Mi salutò dicendo: “Ci sentiamo domani mattina amore. Ti chiamo per le dieci. Mi raccomando adesso dormi, le informazioni sulla professoressa possono aspettare fino a giovedì sera”.

“Farò come dici tesoro. Quando arrivi a casa mandami un sms, così sto tranquillo, dolce”.

La guardai salire in ascensore. Aveva ragione, mi ci voleva una buona dormita, domani o meglio oggi, avrei dovuto incontrare Valerio. Dovevo essere riposato e lucido per affrontare al meglio il nostro incontro. C’erano molte domande ancora in attesa di una risposta.

Appena spogliato, mi sdraiai sul letto, accesi una sigaretta e rimasi in attesa del messaggino di Daniela. Arrivò dopo circa quindici minuti, diceva: “Sono a casa, anche se non te l’ho detto, mi sei mancato detective”. Spensi la luce e mi addormentai nel giro di pochi minuti.