Il lungo viaggio dell’Orso Tato

 

Un giorno il circo decise di cambiare lo spettacolo, e così l’Orso Tato, all’epoca ancora cucciolo, si trovo disoccupato.

 

Alcuni giorni dopo, fu portato in uno zoo, uno di quei posti tristi, dove la gente passa e ti guarda, dove la tua vita si svolge rinchiuso in uno spazio ridotto. Oggi tali posti sono stati ribattezzati con un nome pomposo “bio parco”, ma la vita dell’Orso Tato non trasse alcun beneficio da tale nuovo nome.

 

Da quando era stato portato al bio parco, l’Orso Tato era diventato triste, gli mancavano i viaggi fatti con il circo, l’affetto dell’uomo con cui lavorava, i sorrisi e le dolci risate dei bimbi che si divertivano guardando il suo semplice spettacolo.

 

Il tempo passava, le giornate erano sempre uguali, ed i ricordi non servivano più a donargli un sorriso, anzi, giorno dopo giorno il ricordare diventava sempre più triste. Il nostro Orso, stava lentamente perdendo la voglia di vivere. Passava le sue lunghe giornate adagiato al suolo, e la gente che passava davanti alla sua gabbia si limitava a buttare uno sguardo svogliato verso quella creatura triste. Ogni tanto qualche bimbo gli lanciava una mela, ed allora l’Orso Tato si alzava, raccoglieva la mela e tornava a stendersi, aspettando l’arrivo di una nuova notte.

Cosi trascorrevano le giornate, sempre uguali, con le loro albe ed i loro tramonti, con lo schiamazzare diurno dei visitatori, e con il silenzio della notte.

 

Tempo dopo il terreno ove sorgeva il bio parco fu destinato alla costruzione di un centro commerciale, i pochi animali rimasti furono spostati in altri zoo, con eccezione dell’Orso Tato che, essendo ormai invecchiato e triste, non trovo una sistemazione in nessun posto. 

 

Nessuno ebbe il coraggio di abbatterlo, così un giorno il nostro orso fu fatto entrare in una cassa di legno, caricato su di un camion, ed inizio un lungo viaggio verso le montagne del nord. Lo avrebbero rimesso in libertà, quella libertà che non aveva mai conosciuto.

 

Il viaggio fu lungo e fastidioso, ad ogni buca il camion sobbalzava, l’angusto spazio della cassa non consentiva alcun tipo di movimento. Il rumore del motore ricordava al vecchio orso i viaggi fatti quando lavorava nel circo. Viaggi fatti in compagnia del domatore, forse l’unico amico che aveva avuto. Ora il suo unico compagno di viaggio era la malinconia.

 

Il viaggio ebbe termine dopo due giorni, con l’arrivo sulle montagne che avrebbero costituito la nuova dimora dell’Orso Tato. La cassa fu scaricata al suolo, quindi un gruppo di uomini spinse l’orso all’aperto, ed il camion ripartì portando con se la cassa, ora l’Orso Tato era libero, ma una libertà senza più sogni è come uno stagno senza acqua.

 

L’Orso Tato rimase diversi giorni nel luogo ove gli uomini lo avevano lasciato, non mangiava, guardava le nuvole passare nel cielo, ed il senso di solitudine che ormai da qualche tempo lo aveva invaso aumentava con il passare dei giorni.

 

       Una domenica mattina, il caso volle che un gruppo di gitanti scegliesse proprio la radura dove da giorni l’orso sostava, come luogo della loro gita.

 

       La prima ad accorgersi della presenza dell’orso fu una bimba, che per nulla intimorita da quella strana presenza si avvicinò incuriosita. Giunse vicino all’orso e si sedette. La bimba aveva portato con sé una mela, e la offrì con tenerezza all’orso. Ma proprio mentre l’orso allungava la zampa per ricevere il dono, la madre si accorse di quel che stava avvenendo e spaventata, non riuscì a trattenere un urlo di terrore. L’Orso Tato si alzò di scatto, era la prima volta che udiva un umano emettere un suono così. La bimba non ebbe alcuna reazione e continuò a tendere la mela all’orso, sembrava quasi non aver udito l’urlo della madre, per alcuni istanti un silenzio innaturale calò nella radura. Tutti guardavano in direzione dell’orso e della bimba ed altri, dalle radure vicine, attirati dall’urlo della madre si aggiungevano, andando a costituire una piccola folla di curiosi.

 

       L’Orso Tato non sapeva cosa fare, cosa si aspettava da lui quella gente?

 

Un uomo, si fece coraggio e, lentamente, cominciò ad avvicinarsi alla bimba, quando le fu vicino, senza mai perdere d’occhio l’orso, le prese delicatamente la mano e la condusse verso il gruppo di gitanti, che in un religioso silenzio, era intento ad osservare la scena. Quando l’uomo fu a metà strada fra l’orso e la madre della bimba, lasciò la mano della piccola, le sfilò con delicatezza la mela e, questa volta con passo deciso, ritornò verso l’orso.  

 

Giunto di fronte all’Orso Tato, l’uomo si fermò e, con un gesto lento, gli porse la mela, quindi si mise seduto vicino al vecchio orso, e cominciò a raccontare una favola. 

 

Era una strana favola, raccontava di un vecchio orso, di code e di sogni. Dopo pochi minuti tutti i bambini presenti erano seduti intorno all’uomo ed all’orso, gli adulti guardavano esterrefatti la strana scena che si svolgeva davanti ai loro occhi. Quando l’uomo terminò il suo racconto, il vecchio orso si alzò e con passo lento si avviò verso il bosco, deciso a godere quella libertà che non aveva mai avuto. Fu salutato dalle grida festanti dei bambini. Anche l’uomo si alzò, e con passo deciso si allontanò, solo allora i bambini videro che quell’uomo aveva una coda, una strana coda ormai lisa, gli adulti non videro nulla di tutto ciò.